Codice Fiscale: 97508700586


Il coniglio nano

venerdì 29 gennaio 2010

Il coniglio nano è un ottimo animale da compagnia. E’ socievole, affettuoso, allegro e abbastanza facile da gestire. E’ importante però conoscere alcune regole fondamentali per la sua salute fisica e psichica.

L’alloggiamento

La gabbia deve essere sufficientemente grande da permettere al coniglio di trascorrervi piacevolmente le ore in cui non potrà stare libero, almeno un metro quadrato. Deve contenere una casetta in cui l’animale possa rifugiarsi, un abbeveratoio (meglio se uno a goccia e uno a terra), una ciotola in cui versare il cibo, ed essere sempre provvista di fieno. Si può anche dotare con un rullo di sali minerali che il coniglio consumerà a piacere.

La lettiera è importante, poiché il coniglio ha una pelle molto delicata che facilmente va incontro ad irritazioni, vanno bene la segatura (non di pino o cedro), la paglia, il fieno e i pellets di mais. Non è adatta la lettiera in sabbia per i gatti, troppo irritante per la pelle delle zampe, e la carta di giornale che se ingerita in grandi quantità può dare ostruzione intestinale. Ricordate che la gabbia diventerà la sua tana, quindi tenderà a sporcarla il meno possibile se ha la possibilità di sporcare fuori da essa.

Il comportamento eliminatorio

Se viene lasciato libero, sceglierà alcuni punti della stanza in cui fare i bisogni, e imparerà a sporcare nella cassettina se si avrà l’accortezza di posizionarne alcune in quelle zone, l’importante è che non abbiano i bordi alti: il coniglio è pigro e odia fare fatica per raggiungere la sua “toilette”! Per il fondo della lettiera vale lo stesso discorso della gabbia. Per invogliarlo a sporcare nei posti giusti si può mettere nelle stesse cassettine un po’ di cibo: spesso il coniglio mangia mentre sporca.

Nella gabbietta troverete poche feci ammucchiate che fungono da marcatura territoriale, se vengono asportate con la pulizia il coniglio ne depositerà subito di nuove appena ci ritorna. Il consiglio è di attendere che esca da solo dalla gabbia senza tirarlo fuori a forza, pulire in sua assenza e tenere da parte quel mucchietto per riposizionarlo a fine pulizia.

Il comportamento in casa

E’ buona norma non lasciarlo libero senza la supervisione di qualcuno, almeno i primi tempi, poiché ama rosicchiare qualsiasi cosa gli capiti a tiro, compresi mobili e fili elettrici. I denti del coniglio sono a crescita continua, per tenerli della giusta lunghezza deve consumarli e lo fa rosicchiando. Per tenerlo impegnato e permettere il giusto consumo dei denti si possono fornire scatole di cartone o di legno non trattato, rami d’albero o di cespugli secchi (acacia in particolare), palline di plastica dura. Se possibile è molto utile mettere in vari punti della stanza delle ciotoline con l’erba, sarà più facile che si dedichi a mangiare quella che a rosicchiare tutto quello che capita.

Fate attenzione a non esporre l’animale a correnti d’aria, è molto sensibile al freddo quanto al caldo eccessivo
.

L’alimentazione

L’alimentazione deve essere costituita principalmente da fieno ed erba fresca (sono golosissimi di trifoglio), verdure offerte a temperatura ambiente e piccole quantità di fieno pressato (pellets). Vanno evitati i biscotti, i prodotti da forno in generale e i semi perché portano all’obesità, anche i cereali che provocano fermentazioni intestinali anomale.

I conigli hanno un apparato gastroenterico piuttosto delicato, e i problemi che lo interessano possono anche essere letali.

Una alimentazione corretta costituita prevalentemente da vegetali a fibra lunga (fieno, erba…) serve a far lavorare i denti nel modo giusto ed evita la crescita di “punte” dentarie, che andrebbero poi eliminate in anestesia, e i denti storti. Inoltre la fibra permette un corretto funzionamento dell’intestino. In linea generale, si può affermare che un coniglio in buona salute è curioso, con orecchie e naso sempre in movimento per interagire con l’ambiente circostante e spesso, quando è molto rilassato e a suo agio, lo si potrà osservare completamente disteso o intento alla cura personale.

Le attenzioni verso il mantello possono diventare esagerate, quasi un’ossessione, se il soggetto si sente trascurato, perché cerca un diversivo per passare il tempo. Questo può portare a seri problemi di costipazione per la formazione di gomitoli di pelo nello stomaco, si consiglia quindi di permettere al coniglio di muoversi il più possibile, di tenerlo libero quando si è in casa, e di rivolgersi al veterinario di fiducia se si ha l’impressione che le feci tendano a diventare più piccole e secche (questo in genere è il primo avviso che qualcosa nell’intestino non funziona a dovere).

Le cure mediche

I conigli devono essere protetti contro due gravi malattie, trasmesse attraverso la puntura di insetti volanti: la Mixomatosi e la Malattia emorragica virale. Si vaccina ogni sei mesi per entrambe le malattie.

E’ un animale delicato,
non esitate a rivolgervi al veterinario ogni volta abbiate il dubbio che ci sia qualcosa che non va. Una visita tempestiva, magari un falso allarme, è preferibile ad un tentativo di correggere una situazione di malattia che dura da troppo tempo (nel coniglio si parla di pochi giorni!).

Alcune situazioni in cui è bene rivolgersi subito al veterinario: tosse e starnuti, diminuzione o perdita dell’appetito, disinteresse per l’ambiente, feci più piccole o in quantità minore del solito, respirazione a bocca aperta, difficoltà a muoversi, scolo oculare o nasale.

Un comportamento strano...ma normale!!

Il coniglio fa una cosa che può stupire il proprietario che lo vede: mangia alcune palline di feci direttamente all’uscita dall’ano. Questo è normale, sono ricche di elementi essenziali per il buon funzionamento dell’organismo poiché contengono vitamine ed enzimi digestivi. Se non succede e si notano spesso dei gruppi di palline più morbide e umide nella lettiera può essere per un problema di salute o per una esagerata quantità di proteine nella dieta. Anche in questo caso è bene rivolgersi al veterinario.

A cura dello staff della Clinica Veterinaria Borgarello

FONTE:
TG VET

Cina, cani e gatti verso l'abolizione dai menù dei ristoranti

giovedì 28 gennaio 2010

Per secoli i cani e i gatti sono stati un alimento molto richiesto nei ristoranti cinesi e sulla rete da anni montano proteste per abolire questa tradizione.

Immagini strazianti mostrano la terribile sofferenza a cui vengono sottoposti questi animali che nella nostra cultura sono, invece, considerati compagni di vita. Ma la speranza forse non è vana. Secondo quanto riporta il quotidiano britannico «The Times», il prossimo aprile sarà infatti sottoposto al Parlamento di Pechino un disegno di legge contro gli abusi sugli animali, che vieterà tra le altre cose di servire la carne di gatto e di cane nei ristoranti del Paese.

Se la legge sarà approvata, chiunque verrà trovato a mangiare queste pietanze tradizionali cinesi rischierà una multa salata (circa 520 euro) e anche una condanna fino a 15 giorni di carcere. La carne di cane è consumata generalmente nei mesi invernali, e in particolare nel nord est della Cina, dove le temperature sono molto rigide: la tradizione cinese sostiene infatti che la carne di questi animali attribuisca particolari proprietà di "riscaldamento" corporeo. Più fortunati i gatti, la cui carne viene meno consumata perchè credenze popolari sostengono che l'animale ritornerà di notte per vendicarsi.

FONTE: La Zampa.it

La corretta alimentazione del gatto

venerdì 15 gennaio 2010



La corretta alimentazione è sempre la base di una buona salute: per questo anche il gatto deve essere alimentato in proporzione al suo peso ed allo stato fisiologico del momento (crescita, gestazione, allattamento, senescenza).
Ricordiamo che il gatto necessita di pasti piccoli e frequenti (come normalmente avviene in natura) per cui, al contrario del cane, è preferibile senz'altro un'alimentazione ad libitum, piuttosto che rischiare un razionamento poco corretto dal punto di vista del numero dei pasti (che comunque non dovrebbero mai essere inferiori a 10 nell'arco delle 24 ore).
Da questo punto di vista alcune patologie comportamentali (come la sindrome del gatto tigre) sono motivate proprio da un'errata somministrazione di cibo, che rende il gatto più irrequieto ed aggressivo.

Difatti un' altra caratteristica che lo differenzia dal cane (in grado di sopportare digiuni anche di 5-6 giorni) è che sopporta male periodi prolungati di digiuno: un'anoressia o una marcata inappetenza che superasse i 3 giorni consecutivi causerebbe lo sviluppo di una malnutrizione proteico-energetica (PEM) per incapacità da parte dei felini di desensibilizzare le transaminasi epatiche onde ridurre i fabbisogni proteici e l'instaurarsi di una pericolosa condizione metabolica nota come lipidosi epatica o sindrome del fegato grasso.

Per vincere l'eventuale diffidenza nei confronti del cibo che si potrebbe realizzare in alcune circostanze, portando al rischio di un'anoressia prolungata, sarebbe utile ricordarsi di ottimizzare sempre il senso dell’olfatto del gatto, ad esempio eliminando ogni eventuale scolo nasale, se presente; inoltre è importante la modalità di somministrazione, relativamente alla temperatura del cibo (meglio se attorno ai 30°C), al tipo di ciotole (che devono essere ampie e profonde, poiché il gatto non ama che le sue vibrisse entrino in contatto col contenitore) e alla frequenza dell’offerta (come ho già detto all'inizio).

Attenzione poi all’ambiente, soprattutto per gli animali ricoverati: ogni possibile fonte di stress devrà essere minimizzata e, a questo proposito, si può rivelare utile l’impiego di un diffusore ambientale di feromoni, come fonte di segnali amichevoli e tranquillizzanti.

Non deve accadere poi che l’offerta del cibo coincida con un evento negativo per l’animale (una medicazione dolorosa, la somministrazione di un farmaco o altri eventi spiacevoli): il rischio in tal caso infatti è che il gatto sviluppi una vera avversione al cibo!

Bisogna ricordare oltretutto che anche alcune patologie possono far sì che il gatto sviluppi avversione al cibo: vale soprattutto per eventi con conseguenze gastroenteriche.

In linea generale, tutto sommato non vi sono differenze significative, in quanto ad esigenze alimentari, fra le diverse razze di gatti.
Una differenza quantitativa andrà fatta, invece, in funzione delle condizioni di vita del gatto (appartamento o vita libera), delle condizioni climatiche in cui vive, oltre ovviamente ai diversi momenti fisiologici e metabolici (gatto intero o sterilizzato, età, patologie intercorrenti, ecc.).
Il gattino in crescita al momento dello svezzamento ha dei fabbisogni alimentari molto alti che calano, poi, proporzionalmente, man mano che ci si avvicina al termine della crescita.



Durante la gestazione, come per la cagna, la quantità di cibo dovrebbe essere aumentata gradualmente a partire dalla seconda settimana di gravidanza, proseguendo fino al parto.
Al termine della gestazione, la gatta dovrebbe ricevere un apporto alimentare superiore del 25-50% rispetto allo standard di mantenimento.
Il gatto ha un elevato fabbisogno in proteine, poiché non può ricavare le sostanze nutritive di cui necessita soltanto dai vegetali e dai loro derivati; tra l'altro reagisce alla somministrazione di cibi privi o carenti di proteine, non soltanto diminuendo i consumi alimentari, ma anche opponendo spesso un totale rifiuto a questo tipo di diete.

La carenza di arginina nel gatto ha effetti immediati e devastanti: iperammoniemia grave, vomito, spasmi muscolari e tetanici, atassia e iperestesia che possono condurre al coma e alla morte.
La carenza di taurina può causare una degenerazione retinica e una cardiomiopatia dilatativa.
Il gatto, data la notevole secrezione di bile, tollera molto bene invece percentuali elevate di lipidi (fino al 25-30%), che oltre a fornire energia sono indispensabili come fonte di acidi grassi essenziali (acido linoleico, acido arachidonico, ecc).

UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE PREVEDE L'USO DI CIBI CONSENTITI COME:

1) Carni di qualsiasi specie animale e di qualunque parte dell'animale, a seconda delle convenienze e delle preferenze individuali, ma sempre cotte (per evitare rischi igienici)
2) Pasta o riso ben cotti ( in quantità inferiore rispetto alla carne)
3) Pane o grissini insaporiti con del brodo di carne o di dado (come sopra)
4) Pesce, tonno in scatola al naturale, uova (se gradite e tollerate, cuocendo sempre l'albume)
5) Formaggi freschi e latte (se tollerato è un ottimo alimento)
6) Lardo fresco, strutto, olio (in piccole quantità)
7) Verdure cotte (carote, zucchine, fagiolini e comunque in minime quantità)

Ogni tanto si possono alternare le proteine della carne, sostituendole con quelle di uova, formaggi o latticini; ma è fondamentale ricordare che esse devono costituire in ogni caso la percentuale preponderante della dieta.
La quantità di acqua contenuta nella razione è molto importante in quanto, come è noto, il gatto è riluttante a bere, anche per il fatto che ha un'elevata capacità a concentrare le urine, risparmiando così liquidi (il suo progenitore non per niente è il gatto del deserto africano o felis libica). Si può ovviare a ciò aggiungendo acqua di cottura di riso, verdura o carne (purché senza sale).



COSA NON DEVE ASSOLUTAMENTE MANGIARE:

1) Sughi
2) Salumi e salse piccanti
3) Cibi salati o speziati in genere
3) Dolci
4) Ossa facili a scheggiarsi (coniglio e pollo)
5) Pesce crudo
6) Cipolle e aglio (e cibi che li contengano)

L'alimentazione casalinga, in particolare nel gatto, può risultare purtroppo spesso sbilanciata nella composizione, come conseguenza di pratiche alimentari scorrette, come nel caso di un'alimentazione esclusivamente a base di carne e/o pesce.
In questi casi (dieta casalinga come unica fonte di cibo) è comunque sempre bene fornire al gatto integratori di aminoacidi essenziali, vitamine e sali minerali per periodi prolungati, onde ovviare alle carenze e agli squilibri tra i vari costituenti che si vengono a determinare.
Fortunatamente ormai, così come per il cane, anche per il gatto si trovano in commercio molti ottimi alimenti preconfezionati di tipo secco o umido, studiati allo scopo di fornire un'alimentazione completa e ben bilanciata, adatta ai vari periodi della vita dell'animale (crescita, mantenimento, allattamento e senescenza).
Essi contengono tutti i nutrienti essenziali in concentrazioni tali da soddisfare il fabbisogno nutrizionale di questa specie, senza rischiare di incorrere in errori dietetici, così frequenti invece nella dieta casalinga come unica fonte di cibo del gatto.

Anche quando si alimenta il gatto con cibo in scatola però bisogna fare attenzione ad offrirgli pasti completi e bilanciati che contengano più di un ingrediente fondamentale.
Infatti alimentare un gatto esclusivamente con un cibo "gourmet" può portare l'animale (già di per sé tendenzialmente predisposto a sviluppare preferenze per un'unica fonte alimentare), a rifiutare ogni altro tipo di alimento e ogni altro sapore differente rispetto a quelli abitudinari.
Questi cibi raffinati tra l'altro non sempre sono completi dal punto di vista nutritivo e causano in pratica uno squilibrio nutrizionale.

Per quanto riguarda l'alimentazione dietetica sono disponibili in commercio alimenti ipocalorici del tipo "light" per il controllo del peso, o particolarmente ricchi di fibra e poveri di grassi per favorire il dimagramento in caso di obesità, alimenti iperdigeribili a basso contenuto di amido e alimenti che riducono la formazione di accumuli di pelo nello stomaco favorendone il transito attraverso il tratto gastrointestinale.
Altri alimenti dietetici sono stati studiati e formulati per offrire un supporto nutrizionale nella terapia di uno specifico stato patologico (disordini epatobiliari, insufficienza renale cronica, malattie delle basse vie urinarie, ecc.) o per il trattamento delle allergie e intolleranze alimentari.

Per questo è sempre opportuno informarsi presso il proprio veterinario di fiducia, il quale, conoscendo lo stato di salute del gatto, può consigliare quale tipo di alimento sarebbe più corretto somministrare, evitando errori grossolani e a volte rischiosi per la salute del proprio animale.

A cura del dr. Antonio Sessa

FONTE: astrovet.blogspot.com

Parvovirosi: malattia dei cuccioli

venerdì 8 gennaio 2010

Comparsa improvvisamente nel 1977-‘78, la Parvovirosi si è diffusa contemporaneamente in diverse parti del mondo (Nord America, Europa, Australia) fino a divenire, in così pochi anni, una grave panzoozia. Nel cane si ritrovano due diversi parvovirus, entrambi appartenenti alla Famiglia Parvoviridae ed al genere Parvovirus (= «piccolo virus», date le sue modeste dimensioni): il tipo 1, non patogeno e diffusosi accidentalmente tramite vaccini destinati al cane, ed il tipo 2 che, al contrario, è l'agente responsabile della malattia.

Questo virus è molto resistente nell'ambiente esterno e, in vivo, colpisce soltanto i canidi: cane, lupo, volpe e coyote. Sperimentalmente, invece, il suo spettro d'azione è molto più ampio, tanto da riuscire a crescere, se ben coltivato, anche su cellule di gatto, visone, procione, bovino, furetto e perfino di uomo!

Gli aspetti clinici

La malattia può presentarsi in due forme cliniche diverse.

1. Forma Enterica: interessa più frequentemente i cuccioli neonati o in fase di svezzamento. Ciò è riconducibile al fatto che lo svezzamento rappresenta un'età critica per il cucciolo, il quale subisce un rinnovo accelerato (turnover) della mucosa intestinale, che si accompagna anche ad un lenta diminuzione degli anticorpi colostrali, assunti passivamente dalla madre. I primi sintomi sono rappresentati da depressione, anoressia e rialzi febbrili al terzo giorno di infezione; poi, seguono anche vomito, diarrea emorragica ed una temporanea diminuzione dei globuli bianchi del sangue (leucopenia), che può durare dai 3 ai 5 giorni. Durante la convalescenza, invece, assistiamo a fenomeni opposti, di natura compensatoria. I tratti intestinali più colpiti sono due porzioni del tenue, digiuno ed ileo. Alcuni linfonodi addominali si presentano congesti, aumentati di volume e cosparsi di petecchie emorragiche; il timo, al contrario, appare piuttosto atrofico.

2. Forma Miocardia: compare in cuccioli molto giovani che non hanno ricevuto l'immunità materna o che si sono infettati addirittura in utero. Ciò nonostante, la sua manifestazione è improvvisa: l'animale mostra delle miocarditi acute non suppurative, cui si accompagnano anche dispnea e conati. In genere, la morte è rapida e può non essere associata ad enterite, anzi, in alcuni casi, essa avviene alcune settimane dopo la guarigione dalla forma enterica. Le lesioni che si riscontrano sono tipiche dell'insufficienza cardiaca acuta: dilatazione delle camere cardiache, striature biancastre sul miocardio, edema polmonare, congestione epatica, ascite ed idrotorace. A differenza degli altri organi o tessuti colpiti, il cuore non è in grado di riparare le sue lesioni e proprio per questo rappresenta un fertile terreno per la moltiplicazione del virus; tuttavia, poiché la maggior parte delle fattrici è provvista di immunità (naturale o da vaccinazione), la forma miocardia è attualmente molto rara.

Il contagio e la diagnosi

La fonte principale di infezione è costituita dagli animali ammalati in fase acuta, che eliminano virus in abbondanza tramite feci, urine, saliva e vomito. La trasmissione avviene facilmente, sia direttamente che indirettamente, grazie anche alla notevole resistenza del virus nell'ambiente esterno.
La diagnosi può avere diversi riscontri: clinici, anatomo-patologici, sierologici e virologici. Più specificatamente e grazie ad appositi test, negli ultimi due casi, si mira ad isolare il germe o ad evidenziare la presenza di anticorpi contro parvovirus a livello intestinale o nel siero di sangue.

Le norme per evitare la diffusione dell'infezione

  • Fare disinfezioni molto accurate, a base di cloro;
  • Isolare gli individui infetti;
  • Vaccinare i cuccioli a partire dalla decima settimana di vita, con due interventi a distanza di un mese l'uno dall'altro;
  • In situazioni di rischio elevato, si possono praticare quattro interventi vaccinali ad intervalli di tre settimane a partire da nove fino a diciotto settimane di età;
  • Preferire i vaccini «vivi attenuati» a quelli inattivati» che, sebbene siano più sicuri, non lasciano una buona e duratura immunità.
A cura della Dr.ssa Maurizia Pallante

FONTE: www.vet-in-time.it

Circo Ringling: addestramento violento degli elefanti

venerdì 1 gennaio 2010

Legati, percossi, e sottoposti a scosse elettriche: è questo il violento addestramento inflitto ai cuccioli d’elefante, documentato da fotografie inedite ora pubblicate su www.ringlingbeatsanimals.com dalle associazioni Peta Stati Uniti e, in Italia, dalla LAV. Le fotografie sono state scattate dall’ex addestratore di elefanti Sam Haddock, all’interno del centro di addestramento del circo Ringling Bros e Barlume & Bailey, un circo americano che ha recentemente fatto una tournée a Roma e Milano, e da tempo oggetto di critiche e contestazioni proprio a causa del crudele trattamento riservato agli animali.

Questi inaccettabili metodi sono stati a lungo tenuti segreti. Pochi giorni fa, l’associazione PETA USA ha presentato formale denuncia al Governo degli Stati Uniti, chiedendo che al Circo Ringling sia revocata la licenza per esibire animali.
  • uno dei manager del circo tiene in mano un pungolo che emette scosse elettriche mentre “addestra” un cucciolo di elefante;
  • i cuccioli d’elefante sono separati a forza dalle madri;
  • i cuccioli di elefante vengono legati con corde alle zampe, alla proboscide, alla schiena e al collo mentre un gruppo di addestratori li colpisce con bastoni uncinati e li usa per sbatterli a terra;
  • tre bastoni uncinati sono usati simultaneamente su un cucciolo di elefante forzandolo a imparare a fare la verticale.
Bolivia, Svezia, Austria, Costa Rica, India, Finlandia e Singapore hanno bandito o limitato l’uso degli animali in questi spettacoli; la LAV chiede che anche l’Italia offra ogni tutela agli animali mettendo fine al loro utilizzo nei circhi e in altri spettacoli.

I cuccioli d’elefante devono sopportare questo violento addestramento per 3-4 ore al giorno, per un periodo di tempo che può durare fino ad un anno. Dal 1998 sono morti quattro cuccioli d’elefante di proprietà del Circo Ringling, incluso uno al quale sarebbero state spezzate entrambe le zampe posteriori durante un addestramento; un altro sarebbe annegato mentre provava a fuggire da un addestratore durante un viaggio.

Gli animali utilizzati dal Ringling mostrano comportamenti anormali, disturbati, movimenti stereotipati come il dondolamento continuo sulle zampe a causa dell’immobilità forzata.

Le fotografie sono state scattate dall’ex addestratore di elefanti Sam Haddock, che ha lavorato al centro d’allevamento e addestramento del Ringling a Polk City, Florida, tra il 1997 e il 2005.
Haddock ha descritto, sia attraverso numerose fotografie che con una deposizione autenticata, come i cuccioli d’elefante urlino e si dibattano durante le violente sessioni d’addestramento. Haddock, morto lo scorso novembre, alla fine della sua carriera e della sua vita ha voluto onorare il desiderio di sua moglie di confessare ciò che aveva visto e ciò che a volte lo aveva coinvolto direttamente. Lui stesso ha chiesto alla sezione americana della PETA di utilizzare le prove che aveva raccolto, affinché questi animali possano finalmente avere giustizia.

“I genitori che cercano un divertimento per l’intera famiglia non lo troveranno in un circo in cui i cuccioli d’elefante vengono strappati alla propria madre, legati, colpiti con bastoni uncinati e forzati a esibirsi sotto minaccia di dolore e punizioni - commentano la Direttrice della PETA, Poorva Joshipura, e Nadia Masutti della LAV - E’ giunto il momento perché anche l’Italia ammetta che le crudeltà sugli animali riguardano anche gli animali dei circhi e bandisca finalmente l’uso degli animali dai circhi, per sempre”.

FONTE: www.lav.it