Codice Fiscale: 97508700586


Benvenuta..nell'Arca...

domenica 26 aprile 2009

Biancaneve, la straordinaria breton è stata adottata dall'Arca!

I primi di marzo, ebbe un triste destino che le costò quasi la vita...Rita si è presa cura di lei, la piccola breton, tanto impaurita, ha subito un difficile intervento di asportazione della milza e ricostruzione della vescica, traumi causati per i calci presi da vandali, per rubarle la prole amata...il passato buio ora è lontano...la Biancaneve è felice nell'Arca, si sente protetta, sta superando le tristi fobie che la penalizzavano...

Rita la mamma umana, non si è sentita tranquilla di affidare la creatura pelosa...e poi....vederla giocare, con un velo di timidezza ancora, vederla dormire beata sul comodo divanetto in compagnia dei bellissimi gattoni dell'Arca....no...non si poteva distruggere questo sogno incantato...Rita le farà godere la vita che merita...le donerà tutto l'amore... la piccola breton è salva...

Adottate un animaletto in difficoltà, date nuova libertà ad un cane di canile, ad un gatto rinchiuso in un gattile...la vita vi premierà!!!

Julie, vita di un cane di quartiere

giovedì 23 aprile 2009

L'Ama rimuove per errore la sua cuccia. I cittadini insorgono e il giaciglio viene ricollocato

ROMA
Una storia a lieto fine giunge dal quartiere Marconi della Capitale. La zona da anni è invasa da sporcizia e immondizia. L’unico intervento da parte del Comune di Roma per risanare il quartiere è stato fatto il 15 aprile scorso: alcuni operatori dell’Ama hanno ripulito varie vie e il Lungotevere dalla spazzatura. Ma questo intervento ha eliminato i giacigli di fortuna di un cane del quartiere che dallo scorso inverno trovava lì riparo, in quanto le persone che si prendevano cura di lei sono state sgombrate dagli alloggi di fortuna sotto Ponte Marconi.

Julie, un incrocio husky color miele di almeno 5 anni, è rimasto dunque solo. E’ rimasta lì, per giorni, settimane, sotto la pioggia e il freddo pungente dell’inverno, perché lì avevano sostato i suoi padroni umani l’ultima volta che li aveva visti. E lì, fiduciosa, li ha aspettati per mesi. Non voleva più mangiare, voleva lasciarsi morire... E poi, piano piano, ha deciso di riprendere la sua vita di cane di quartiere, accompagnando la gente a passeggio, o semplicemente restando accanto al benzinaio sperando in un po’ di coccole.

Julie era sopravvissuta allo sgombero degli insediamenti abusivi del 2006, ed era uno dei cinque cani “famosi” di Ponte Marconi, per cui tutti i cittadini si mobilitarono per trovare una sistemazione. Per tutti loro venne inoltrata all’epoca la richiesta di cane libero accudito (CLA - Art. 33 Reg. Comune di Roma, C.C. 24.10.2005), ma piano piano tutti vennero adottati tranne lei, anzianotta, randagia, già sterilizzata dal Comune di Roma. Lei appartiene al quartiere, la libertà è la sua vita, diversamente sarebbe come condannarla a morte. Il Comune all’epoca fornì anche una grande cuccia di resina, a cui, con una colletta, gli abitanti del quartiere Marconi ne aggiunsero un’altra in legno.

Quest’ultima è stata distrutta da zingari che successivamente occuparono le sponde del Tevere, poi sgomberati. Quella del Comune, invece, era stata collocata nell’aiola, discreta, celata dietro la siepe retrostante il benzinaio. Questo perché comunque Julie, la povera Julie i cui occhi parlano più di mille parole, da lì non si spostava: lì i suoi ultimi padroni le avevano detto di aspettare, e lì lei probabilmente si lascerà morire. Julie è un CLA, un cane libero accudito, un cane di quartiere mansueto, che conoscono tutti, una gran paurosa ma che sa attraversare la strada molto meglio di tanti di noi.

La sua colpa? Essere un cane e non aver potuto gridare agli zelanti operatori ecologici che quella cuccia era sua, che quel giaciglio non era quello di zingari o di qualcuno dei bipedi malvagi che frequentano il quartiere, ma che puntualmente nessuno vede, come ad esempio gli insediamenti vergognosi dall’altra parte del Tevere. Quella era la sua casa, donata dal Comune di Roma, Ufficio Diritti Animali, la ciotola con l’acqua e quella per il cibo venivano amorevolmente curate dai cittadini che le garantivano cibo regolarmente e tante coccole, quelle che Julie ricorda dei suoi vecchi padroni che non ci sono più.

Ma la storia di Julie è a lieto fine perché ora ha una nuova cuccia. L’Ama ha spiegato che la vecchia era stata rimossa per errore da parte di una squadra di operatori ecologici impegnati qualche giorno fa in operazioni straordinarie di pulizia della zona. Julie è «il cane di quartiere» dell’area Ponte Marconi, «adottato» dai residenti fin dal 2006, e così ritornerà a essere con una confortevole dimora in attesa di un futuro migliore.

FONTE: La Zampa.it

Gli avvelenamenti

venerdì 17 aprile 2009

Gli avvelenamenti possono essere accidentali o dolosi. Con il termine di “Avvelenamento” ci si riferisce ad uno stato di intossicazione, causato da un veleno; i veleni possono avere origine naturale o sintetica, tuttavia –se vengono introdotti in un organismo vivente- sono in grado di danneggiarlo gravemente e perfino di ucciderlo.

Avvelenamenti Accidentali

Gli avvelenamenti accidentali sono quelli che capitano per caso, non solo per la curiosità o voracità del cane, a volte eccessive, ma anche a causa della Natura stessa, come nel caso delle punture di insetti o dei morsi di vipera. Nel caso vi accorgeste che il cane ha ingerito delle sostanze pericolose, potete provocargli il vomito con mezzo bicchiere di acqua in cui sia stato precedentemente sciolto un cucchiaio da minestra di sale, o stimolandogli il palato e il retro-gola. Dovete però essere certi che il cane non abbia ingerito contemporaneamente oggetti o acidi o basi forti, che potrebbero determinare lesioni gravi durante i tentativi e le successive fasi di vomito. In caso fosse passato del tempo, somministrate al cane del carbone vegetale, che assorbirà la sostanza pericolosa, unito a olio di vaselina dopo 30 minuti. Se, invece, il contatto con la sostanza pericolosa è avvenuto sulla pelle, lavate la parte in questione con dell’acqua fredda. In ogni caso, dopo aver prestato un piccolo soccorso al cane, ricorrete immediatamente al vostro veterinario, cercando di dargli indicazioni utili su ciò che è stato ingerito. I veleni per topi spesso sono causa di morte per i cani. I proprietari, infatti, rassicurati dalle indicazioni presenti sulle buste, non ne considerano l'effetto dose, né la sensibilità individuale, parametri che invece possono rendere pericolosissimo anche un composto definito «Non dannoso per gli animali domestici».

Come Prevenire gli Avvelenamenti Accidentali:

  • Tenete tutti i farmaci, le sostanze velenose e le sostanze chimiche per uso domestico fuori della portata dei cani.
  • Non riponete prodotti non commestibili negli scaffali degli alimenti.
  • Tutte le sostanze velenose devono essere tenute nei loro recipienti originali; non trasferitele in contenitori non etichettati.
  • Distruggete le confezioni vuote dei medicinali e non lasciateli alla portata dei cani.
  • Se avete un giardino che viene irrorato con antiparassitari, fate attenzione alla ciotola dell'acqua e del cibo e non lasciate andare in giardino il cane per 2-3 giorni.
  • Se vengono ritrovati degli animali morti in giardino o sui terrazzi (topi, uccelli, ecc.) è opportuno rimuoverli immediatamente, perché la loro morte potrebbe essere stata determinata da sostanze tossiche, assorbibili dal cane, con relativo pericolo di intossicazione.
Avvelenamenti Dolosi

Gli avvelenamenti dolosi, causati dalla crudeltà dell’uomo, possono essere prevenuti insegnando al vostro cane a non ricevere cibo dagli estranei. I veleni maggiormente impiegati e i sintomi provocati da ognuno sono i seguenti:

  • Barbiturici: sonnolenza, respiro superficiale e lento, cianosi, pupille dilatate e non reagenti ad una fonte di luce, edema polmonare, collasso circolatorio.
  • Composti contenenti Cianuro: stordimento, perdita della forza muscolare, respiro boccheggiante e profondo, collasso, morte. L'alito ha un caratteristico odore di mandorle amare: questo potrebbe essere senza dubbio un valido aiuto da suggerire al veterinario.
  • Stricnina: convulsioni, dispnea (respirazione irregolare), schiuma alla bocca ed asfissia per paralisi spastica dei muscoli intercostali e del diaframma.
  • Organofosforici: salivazione, contrazioni muscolari di diversa entità, perché proporzionali alla quota ingerita, difficoltà a camminare e, successivamente, convulsioni, vomito, diarrea, pupilla chiusa (miosi) non reattiva, broncospasmo, edema polmonare, cianosi.

Punture di insetti

Spesso i cani vengono punti alla bocca da vespe, api, calabroni e animali simili. Le punture hanno effetti usualmente lievi e transitori. In genere, è sufficiente raffreddare localmente con abbondante acqua e somministrare per bocca (per os) degli antistaminici. Nel caso di punture multiple, col rischio di shock anafilattico, e di esemplari ipersensibili, soggetti a risposta allergica acuta, bisogna subito ricorrere al veterinario.

Morso di vipera

Anche in questo caso, generalmente, il cane viene morso sul muso durante la cattura. Se il cane è in buone condizioni fisiche e di salute, probabilmente supererà l'avvelenamento senza grandi disturbi, tuttavia è bene ricorrere immediatamente al veterinario, che gli somministrerà siero antivipera.

A cura della Dr.ssa Maurizia Pallante

FONTE: www.vet-in-time.it

FIV e FeLV

domenica 5 aprile 2009

FIV è l’acronimo anglosassone per Feline Immunodeficiency Virus, un virus felino specie-specifico, analogo all’HIV umano.

Come nel caso dell’HIV in umana, il FIV non produce di solito direttamente una malattia, ma tende a ridurre le difese immunitarie del gatto colpito (“ospite”), così da renderlo più suscettibile di infezioni croniche oppure di alcuni tipi di tumori.

Andiamo però per ordine: il virus si trasmette unicamente da gatto a gatto e principalmente attraverso le ferite da morso, (quindi sono maggiormente soggetti al pericolo del contagio i gatti maschi interi -cioè non castrati- che combattono per il controllo del territorio). Altre vie di contagio, come il leccamento reciproco, lo scambio di ciotole, il passaggio transplacentare tra mamma infetta e feti, i rapporti sessuali, sono vie possibili ma meno frequenti.

Una volta che il virus è penetrato nell’organismo del suo “ospite”, l’infezione decorre attraverso diversi stadi, non sempre ben distinguibili tra loro.
Inizialmente si ha una prima fase “acuta” in cui si hanno segni clinici variabili come forma e intensità (tanto che purtroppo possono passare del tutto inosservati da parte dei proprietari): si possono avere febbre, diarrea, congiuntivite, e aumento di volume dei linfonodi. Spesso gli animali colpiti presentano alterazioni degli esami del sangue, come anemia e leucopenia (diminuzione dei globuli bianchi), che però, pur essendo compatibili con la FIV, non sono specifiche di questa infezione e possono pertanto rappresentare unicamente un campanello d’allarme. In alcuni animali l’aumento di volume dei linfonodi può essere particolarmente importante e durare per alcuni mesi.
Dopo questa prima fase la gran parte degli animali entra in un periodo di “latenza”, cioè di infezione in assenza di sintomi identificabili. In questa fase, che può durare anche diversi anni, il virus è presente all’interno dell’organismo del suo “ospite”, ma le alterazioni riscontrabili sono scarse o nulle. Di solito anche gli esami del sangue sono normali; possono eventualmente essere presenti sono una lieve leucopenia e un aumento delle proteine del sangue, in particolare della frazione delle gamma-globuline (valutabile tramite un tracciato elettroforetico). Anche in questo caso però tali alterazioni non sono specifiche per il FIV e quindi possono solo mettere in allerta il veterinario sul potenziale pericolo.
La durata del periodo di latenza dipende da molti fattori, tra cui l’età del gatto al momento del contagio ( gattini più giovani tendono purtroppo ad avere un periodo di latenza più breve) e il tipo di vita che il gatto stesso conduce, con particolare riferimento alla sua esposizione ad altre malattie infettive ( lo stimolo indotto da altre infezioni sul sistema immunitario può rendere più breve la fase di latenza).

La fase avanzata dell’infezione, la FAIDS (Feline Acquired Immunodeficiency Syndrome) è caratterizzata da frequenti infezioni croniche. In particolare vengono riscontrate con maggiore frequenza stomatite/gengivite/faucite ( un’infezione generalizzata delle gengive e della regione più caudale della bocca), anemia, leucopenia, insufficienza renale, sinusite e una serie di malattie infettive batteriche, virali e parassitarie che godono della diminuzione delle difese immunitarie del povero gatto.

Si rilevano spesso anche infiammazioni delle congiuntive e degli occhi (dalle congiuntive arrossate e infiammate, alla lacrimazione frequente , all’”opacamento” degli occhi).

La FAIDS rende inoltre i gatti più suscettibili allo sviluppo di tumori, soprattutto di natura linfoide (partono cioè dal tessuto linfoide normalmente presente nell’organismo). In particolare il linfoma alimentare (tumore che colpisce l’intestino e i cui sintomi possono essere inizialmente subdoli, ma che di solito a lungo andare causa grave diarrea e dimagrimento dell’animale) è riscontrato più frequentemente in gatti colpiti dalla FAIDS.

La diagnosi di FIV può essere fatta attraverso diversi esami del sangue. In particolare il metodo più diffuso ricerca gli anticorpi che il sistema immunitario del gatto ha prodotto nei confronti del virus.
Infatti dopo il contatto con il virus e la sua iniziale circolazione nell’organismo, il sistema immunitario dell’ospite prova a difendersi producendo anticorpi (difesa purtroppo inutile contro questo virus). Ci vogliono circa 2-4 settimane perché si verifichi la produzione di anticorpi ( e possono volerci fino ad 8 settimane perché questi anticorpi siano “visibili” ai test).
Il test che ricerca gli anticorpi può dare , anche se raramente, falsi risultati positivi, per cui può essere utile ritestare i gatti positivi. In particolare nei gattini piccoli che sono nati da mamme infette, può capitare che il test sia positivo perché il gattino ha nel sangue gli anticorpi passati dalla mamma con il latte, anche se lui non è entrato in contatto con il virus e non è infetto. In questo caso il test di conferma andrebbe ripetuto dopo che il gattino ha compiuto i 6 mesi di età.
Purtroppo sono possibili anche risultati falsi negativi, soprattutto in animali che sono nella fase acuta o iniziale dell’infezione. Quindi in quegli animali che hanno sintomi compatibili con la fase iniziale dell’infezione da FIV , ma in cui il test è risultato negativo, sarebbe utile un test di conferma a distanza di almeno 8 settimane.
Anche quando si raccoglie un gattino dalla strada senza conoscerne la storia, un iniziale test negativo andrebbe riconfermato dopo almeno 8 settimane; proprio perché se il gatto fosse entrato solo recentemente in contatto con il virus, potrebbe non aver ancora prodotto gli anticorpi evidenziabili dal test.

Per il FIV non c’è una cura specifica e attualmente non esiste in Italia un vaccino. Negli Stati Uniti è stato commercializzato un vaccino, ma sulla sua reale efficacia gli studi sono ancora in corso (non è infatti sicuro che copra tutti i sottotipi di virus esistenti e peraltro può indurre errori di interpretazione nei test per valutare lo stato FIV).

Come già detto, nei gatti FIV positivi (FIV + ) altre infezioni dovrebbero essere quanto più possibile evitate, proprio per non accelerare il decorso della malattia. I gatti infetti poi, anche quando clinicamente sani, dovrebbero essere portati dal veterinario almeno una volta all’anno, in modo che dalla visita e dagli esami del sangue sia possibile evidenziare qualsiasi altra malattia il più precocemente possibile. Qualsiasi anomalia che il proprietario noti dovrebbe essere riferita tempestivamente al proprio veterinario per lo stesso motivo.

I gatti che si ammalano non sono necessariamente spacciati, ma vanno trattati in maniera più “attenta”, per cui terapie antibiotiche o antimicotiche possono richiedere dosaggi più alti e per tempi più lunghi rispetto a quelle praticate su gatti FIV negativi.

La stomatite frequentemente rappresenta un grosso problema nei gatti FIV +, perché spesso molto dolorosa tanto da impedire agli animali di alimentarsi correttamente. Il più delle volte né la pulizia dei denti né le terapie antibiotiche sortiscono effetti positivi.
Una valida alternativa alle terapie prolungate a base di cortisonici (che sono la terapia applicata più frequentemente) può essere l’utilizzo dell’AZT , l’applicazione locale di lattoferrina bovina (difficile da trovare però) o la rimozione di tutti i denti (che di solito è ben tollerata dai gatti e risolve il problema a lungo termine, riconsentendogli di mangiare normalmente).
Nei casi in cui sia presente una grave anemia può essere utile il ricorso alla somministrazione di eritropoietina umana.

Purtroppo non esiste una terapia specifica per il FIV. Si può solo tentare di tenere sotto controllo l’infezione con l’utilizzo degli interferoni e dell’AZT.

Una raccomandazione ai proprietari: i gatti FIV + dovrebbero essere tenuti in casa per almeno due ragioni:

  • In primo luogo per ridurre la loro esposizione ad altre malattie infettive e provare in tal modo ad aumentare le loro aspettative di vita (animali contagiati da adulti, tenuti in un ambiente casalingo e sotto attento controllo da parte del proprietario e del veterinario, possono vivere anche dieci anni in condizioni più che soddisfacenti).
  • In secondo luogo per evitare che essi stessi possano allargare il contagio, tentando così di ridurre la presenza di questa grave malattia nel nostro territorio.

Sempre a tale scopo, a costo di annoiare chi legge, suggerisco ancora di castrare i gatti maschi e sterilizzare le femmine: oltre ad un responsabile controllo delle nascite, questa pratica può contribuire a ridurre le possibilità di contagio di queste malattie nella popolazione felina.

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Anche il FeLV (Feline Leukemia Virus) appartiene infatti, così come il FIV, alla grande famiglia dei Retrovirus.

Il FeLV favorisce, abbassando le difese immunitarie del gatto ospite, molte malattie croniche; in più, esso stesso può essere causa di diversi tipi di tumore.

La trasmissione da gatto a gatto può avvenire in diversi modi, particolarmente attraverso la condivisone delle ciotole, il leccamento reciproco, attraverso ferite da morso, durante l’accoppiamento. E’ peraltro possibile anche la trasmissione transplacentare dalla mamma ai cuccioli.

Sembra che i gatti giovani siano maggiormente suscettibili al contagio.

Una volta che il virus è entrato nell’organismo comincia a replicarsi e a circolare nel sangue (fase “viremica”).
Una percentuale di gatti “fortunati” riesce a produrre una difesa immunitaria efficace che limita l’iniziale diffusione del virus nell’organismo e riesce ad eliminarlo completamente.
Quando invece le difese immunitarie non riescono a contenere la diffusione del virus si ha, come già detto, la fase viremica, in cui il virus circola nell’organismo e si localizza in alcuni organi.
A questo punto esistono diverse possibilità:
Il gatto può andare incontro ad una fase di “viremia transitoria”. Di solito questa fase dura mediamente 4-6 settimane. In questa fase alcuni animali riescono comunque a neutralizzare il virus e ad eliminarlo completamente dall’organismo.
Di solito dopo la terza settimana di viremia il virus si localizza nel midollo osseo e “aggredisce” i precursori delle cellule che circolano nel sangue, riuscendo a “nascondere” le informazioni necessarie per la sua moltiplicazione nelle cellule stesse. Anche se è ancora possibile che le difese immunitarie del gatto riescano a eliminare il virus che circola nel sangue (portando così a termine la viremia), una volta che il midollo è stato parassitato il virus non potrà mai essere completamente eliminato dall’organismo, perchè le informazioni per la sua riproduzione (“replicazione”) saranno contenute nelle stesse cellule del gatto.

I gatti che hanno superato la fase viremica e che quindi non hanno più virus circolante nel sangue, ma in cui il virus è comunque arrivato al midollo osseo, sono in una fase cosiddetta “latente” dell’infezione. Le infezioni “latenti” possono diciamo “riaccendersi” (cioè il virus torna a moltiplicarsi e ad essere presente nel sangue) spontaneamente in seguito all’abbassamento delle difese immunitarie o in seguito a trattamenti cortisonici prolungati. Anche la gravidanza rappresenta una possibile causa di nuova fase “viremica” in quelle gatte che erano in fase di infezione latente.
Si è comunque visto che più si allunga il periodo di latenza, minori sono le probabilità che il virus si “riattivi”.

Quando invece la fase di iniziale viremia dura più di 16 settimane e il sistema immunitario del gatto non è in grado di reagire si parla di “fase viremica persistente”. Di solito animali molto giovani o immunodepressi vanno incontro a questa evoluzione. La persistenza del virus nel sangue si associa alle malattie causate dal FeLV e gli animali con viremia persistente hanno una sopravvivenza media di circa tre anni.

La fase viremica iniziale è di solito associata a sintomi variabili e aspecifici, come febbre, aumento di volume dei linfonodi, diarrea, abbattimento.
Quando la viremia è persistente si possono avere invece frequentemente tumori, in particolare linfomi (cioè tumori che originano dal tessuto linfoide e che a loro volta possono avere diverse localizzazioni). Altre patologie causate dal FeLV sono anemia, leucopenia (diminuzione dei globuli bianchi nel sangue), leucemie (aumento di natura tumorale delle cellule bianche del sangue), stomatite/gengivite, infezioni ricorrenti sulla cute, intestinali, respiratorie (da forme di rinotracheite croniche a bronchiti e bronco-polmoniti), urinarie (cistiti croniche, glomeruloneofriti ), alterazioni del sistema neurologico sia periferico (problemi di deambulazione, difficoltà di urinazione e defecazione, …) che centrale (cecità, differenza nel diametro delle due pupille, vocalizzi, cambiamenti di carattere e comportamento, …)

Come si diagnostica

Nelle fasi viremiche (cioè sempre nelle infezioni “persistenti” e all’inizio nelle forme “latenti”) si ricerca il virus (o meglio alcune sue parti) libero nel sangue, oppure associato ad alcune cellule (sempre nel sangue).

Nella forme di infezione “latente” purtroppo questi test possono dare un risultato negativo, perchè, come detto precedentemente, il virus non circola più, ma si “nasconde” nelle cellule progenitrici del midollo osseo. In questa fase può essere utile un altro esame, la PCR, che però spesso viene eseguita sul midollo osseo stesso e la cui esecuzione richiede pertanto che il gatto sia in anestesia.
Quando si ricerca il virus libero nel sangue (il test più diffuso), un solo risultato positivo non basta per dire che un animale è malato; infatti il gatto potrebbe essere nella fase iniziale di replicazione del virus, oppure potrebbe essere in una fase viremica “transitoria” che potrebbe a sua volta portare ad una successiva latenza quando non ad una completa negativizzazione. Per tale motivo in questi casi il test andrebbe ripetuto dopo 6-8 settimane. Nei casi dubbi può essere utile associare un altro test, l’immunofluorescenza, in modo da ottenere, mediante l’interpolazione dei risultati, un quadro più completo sull’evoluzione della malattia.
Proprio perchè un’infezione latente può sfuggire ai test, qualsiasi animale malato che abbia un quadro clinico compatibile con questa malattia dovrebbe essere sottoposto al test anche se già precedentemente testato con esito negativo.

Come si cura

Per quanto riguarda la terapia restano salde le raccomandazioni già ricordate per il FIV:
I gatti infetti (sia in fase latente che in fase di viremia persistente) dovrebbero evitare l’esposizione ad altre malattie e qualsiasi forma di stress. Qualsiasi malattia (secondaria o meno all’infezione) dovrebbe essere diagnosticata quanto più precocemente possibile ( e per questo sono indispensabili controlli frequenti dal veterinario e l’attenzione del proprietario) e trattata in maniera aggressiva.
A tutt’oggi non esiste una terapia antivirale di sicura efficacia e, come per il FIV, vengono messi in atto tentativi terapeutici con lo scopo di tenere sotto controllo l’infezione con protocolli a base di interferoni, AZT e immunomodulatori

A differenza del FIV per il FeLV esiste un vaccino.

Tale vaccino non ha alcun effetto protettivo sui gatti che sono già infetti, per cui sarebbe sempre raccomandabile effettuare il test prima di procedere alla vaccinazione.
Va aggiunto che la vaccinazione del gatto non è scevra da potenziali effetti collaterali, per cui andrebbe riservata agli animali che sono realmente a rischio di infezione.

Il vaccino è efficace, ma non copre il gatto al 100%. Ciò significa che esiste una seppur bassa probabilità che un gatto vaccinato che vive in un ambiente in cui il virus è molto diffuso e che ha possibilità di contatto con esso (gatto maschio non castrato che combatte per il territorio oppure gatta femmina non sterilizzata libera di accoppiarsi con gatti potenzialmente infetti) contragga l’infezione.
L’unica via di sicura prevenzione resta pertanto evitare il contatto del proprio animale con gatti infetti e a tale scopo la castrazione dei gatti maschi e la sterilizzazione delle femmine può rappresentare un ausilio.

FONTE: www.veterinariagiustiniana.com