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Troppo sole fa male alla pelle…e non solo alla nostra

giovedì 30 luglio 2009

Sui danni che le radiazioni solari possono produrre alla nostra pelle siamo ormai tutti piuttosto ben informati; all’inizio di ogni estate telegiornali e trasmissioni di carattere medico ci ripetono cosa il sole può fare alla nostra pelle e come possiamo proteggerci. Forse però non tutti sanno che ciò che il sole fa alla nostra pelle può farlo anche alla pelle degli animali domestici; l’unica differenza risiede nel fatto che spesso gli animali hanno il pelo che li difende dai raggi UVA e UVB, mentre gli uomini, a parte forse qualche piccola eccezione, no.

Credo che sia evidente che le zone più sensibili ai danni solari sono quelle dove la pelle non è pigmentata (cioè rosa) e parzialmente o completamente priva di peli.

I gatti più frequentemente colpiti sono quelli a pelo bianco e cute rosa (sembra che i gatti bianchi con gli occhi azzurri siano i maggiormente sensibili), ma più in generale tutti quelli con la cute rosa; le zone più tipicamente coinvolte sono la punta delle orecchie, il naso e le palpebre.

Il discorso è molto simile per i cani: i cani più suscettibili sembrerebbero essere i bull terrier, i dalmata e i boxer albini, ma in generale sono a rischio tutti quelli con la cute rosa e il pelo rado. Le zone più sensibili sono il naso, ma anche la pancia e la parte interna delle cosce.
In entrambe le specie la presenza di ferite o cicatrici rappresenta un ulteriore fattore di rischio (perchè anche qui la pelle è rosa, giovane e non coperta da peli).

Il primo stadio delle cosiddette lesioni “attiniche” (cioè causate dalle radiazioni solari), è rappresentato dall’eritema: la pelle si arrossa, si formano delle piccole bollicine e la zona interessata tende a gonfiarsi leggermente. Laddove la pelle è sottile, come sulla punta delle orecchie, si possono notare i vasi sanguigni che si dilatano. Con il proseguire dell’esposizione le lesioni spesso tendono ad allargarsi e aggravarsi, quindi tendono a formarsi inizialmente delle piccole scagliette, poi le lesioni si “aprono” e si formano delle piccole ulcere superficiali.

La terapia consiste nel limitare più possibile l’esposizione dell’animale al sole e nell’utilizzare protezioni solari ad alto schermo (che semplicemente si spalmano sulle zone interessate). Se le ulcere sono estese (le zone dove la pelle si è “aperta”), può essere necessario associare un antibiotico per bocca.

Nei cani che hanno lesioni localizzate sulla pancia e sulle zampe, oltre ai danni superficiali già descritti, si possono formare anche delle lesioni più profonde, come noduli sottocutanei che nel tempo tendono ad aprirsi all’esterno e ad infettarsi.

Purtroppo anche negli animali, così come nell’uomo, i danni solari possono progredire, quindi con il passare del tempo la pelle può ispessirsi e apparire non liscia, ma a ”scaglie” o a “placche”; questo di solito rappresenta uno stato pre-canceroso che può evolvere in tempi variabili nella trasformazione in tumori maligni come carcinomi ed emangiosarcomi.

È ovvio che il primo consiglio che posso dare è di proteggere con cura gli animali dal sole. Chi ha un animale con la pelle rosa e/o con il pelo rado come quelli descritti precedentemente (e riportati nelle foto) dovrebbe evitargli l’esposizione al sole, soprattutto nelle ore più calde della giornata (proprio come ai bambini). Quando ciò non fosse possibile, sarebbe opportuno proteggere la pelle del nostro amico con protezioni solari (ne esistono di specifiche per animali, ma anche quelle nate per l’uso umano vanno bene). Nel caso in cui si inizino ad osservare i primi danni prodotti dal sole il divieto di esposizione nelle ore più calde della giornata dovrebbe diventare tassativo, così come l’obbligo di utilizzare dei prodotti solari; non vorrei fare del terrorismo, ma considerate che il vostro animale potrebbe già essere in una fase pre-tumorale.

Nel caso in cui la pelle non risulti “integra” si dovrebbe contattare il veterinario per valutare la necessità o meno di una terapia antibiotica. Qualora la progressione delle lesioni sia arrivata allo stadio di tumore (e in questo caso sarà il veterinario a stabilirlo ), l’unica terapia è quella chirurgica, con l’asportazione, quando possibile, delle zone interessate.

Considerata l’entità dei potenziali danni (tumori), considerato che non sempre i tumori (anche quelli causati dal sole) possono essere asportati (le orecchie al gatto si possono togliere, ma una lesione estesa, ad esempio sul naso, spesso non consente una completa asportazione chirurgica) e considerata la conoscenza dei fattori di rischio e delle possibili metodiche di prevenzione, il mio suggerimento è ovvio e banale: avete la conoscenza, avete le armi: lavorate sulla prevenzione!

FONTE: Veterinaria Giustiniana

Emobartonellosi: Anemia infettiva felina

martedì 28 luglio 2009

Il responsabile della malattia è il Mycoplasma haemofelis, un microorganismo parassita dei globuli rossi.

I gatti possono contrarre l’emobartonella:
  • Attraverso le pulci
  • Durante la gravidanza, per via transplacentare
  • Durante il parto per contatto di sangue dalla madre infetta al gattino
  • Durante l’allattamento
  • A causa di trasfusioni di sangue infetto
Non è ancora del tutto noto come avvenga la trasmissione della malattia da gatto a gatto. Le gatte clinicamente malate possono infettare i gattini ma non è stato determinato se latrasmissione avvenga in utero, durante il parto o attraverso l’allattamento. E’ stata ipotizzata la trasmissione attraverso il morso. I combattimenti e l’infestazione di pulci hanno un ruolo nella trasmissione dell’infezione.

Il tempo che intercorre fra l’inoculazione e la parassitemia è solitamente di 6-17 giorni.

I microorganismi si fissano alla superficie della membrana eritrocitaria ed inducono un danno strutturale, che abbrevia la vita dei globuli rossi e provoca la perdita di emoglobina. L’esposizione e l’alterazione degli antigeni associati alla membrana eritrocitaria determinano la produzione di autoanticorpi che rivestono gli eritrociti e possono dare inizio a un’emolisi. Gli anticorpi fissati alle membrane degli eritrociti possono causare l’agglutinazione, inibendo la circolazione dei globuli rossi attraverso la milza ed altri letti vascolari.
La maggior parte della perdita degli eritrociti è dovuta alla loro fagocitosi nella milza.

Segni e sintomi

L’anemia infettiva felina, causa anemia che si può accompagnare a febbre nei primi stadi della malattia. I segni clinici includono stanchezza, depressione, riduzione del’appetito, e pallore delle mucose , talvolta associati a perdita di peso o manifestazioni respiratorie. Tali segni clinici sono comuni a molte altre patologie che causano anemia e non specifici dell’emobartonellosi. Altri segni clinici possono essere aumento di volume della milza e dei linfonodi.

Le prime due o tre settimane dall'infezione sono asintomatiche: il gatto sta apparentemente bene. Alcuni gatti riescono a rimanere in questa fase per molto tempo, anche per tutta la vita: nonostante si siano infestati con Mycoplasma haemofelis non manifestano alcun problema. Sono per questo detti portatori sani. La maggior parte dei gatti però non rimane asintomatica e, presto o tardi, svilupperà la malattia. A volte è necessario un fattore stressante, come una malattia o un intervento chirurgico.

L'emobartonellosi inizia con una fase acuta caratterizzata da una grave anemia che può anche portare a morte il gatto. I parassiti infatti si legano alla membrana dei globuli rossi, danneggiandoli e rendendoli così soggetti all'azione della milza che li distrugge. Se l'animale non muore durante la fase acuta inizia la fase di guarigione nella quale i globuli rossi non vengono più alterati ed Mycoplasma haemofelis viene imprigionato nella milza, senza tuttavia venire eliminato del tutto. Nonostante il gatto cominci a stare meglio e l'anemia a risolversi, il parassita è quindi ancora presente e può rimanere anche per anni. Fattori stressanti possono quindi causare un calo delle difese immunitarie del micio e una conseguente ricomparsa della fase acuta della malattia.

I gatti a rischio sono quelli che possono uscire all’aperto, ma non sono fuori pericolo quelli che vivono esclusivamente in casa. La stagione più a rischio è la stagione calda, dove il numero di pulci è più elevato.

Diagnosi

Il primo passo sarà quindi quello di effettuare un esame del sangue (emocromocitometrico) che ci rivelerà con certezza la presenta di una grave anemia. Il volume dei globuli rossi rispetto a tutto il volume del sangue (ematocrito) appare molto diminuito: valori normali si aggirano attorno al 37%, ma in caso di anemia da emobartonellosi si può scendere addirittura sotto il 15% rendendo necessaria una trasfusione.

Il midollo rosso, deputato alla formazione di nuovi globuli rossi, cercherà quindi di compensare la grave anemia aumentando al massimo delle sue possibilità la formazione di nuovi globuli rossi. La situazione è talmente urgente che il midollo, per fare più in fretta, rilascerà nel sangue globuli rossi immaturi, i reticolociti. Nell'esame del sangue i reticolociti, normalmente assenti, o quasi, appariranno molto aumentati, segno che il midollo sta reagendo per cercare di compensare l'anemia.

Dall'esame del sangue possiamo quindi avere la certezza che il gatto ha una grave anemia rigenerativa, segnalata da:
  • basso ematocrito
  • alto numero di reticolociti
Tuttavia questo non è ancora sufficiente per avere una diagnosi, perchè l'emobartonellosi non è l'unica malattia che causa anemia rigenerativa. La diagnosi certa può quindi essere fatta in due modi:
  • Esame parassitologico diretto: consiste nel vedere le Mycoplasma haemofelis attaccate ai globuli rossi. La tecnica è molto semplice: si preleva una goccia di sangue, si striscia un vetrino, lo si colora e lo si guarda al microscopio. Tuttavia, anche se il gatto è infetto, non sempre si riesce a vedere il parassita al microscopio, perché la sua comparsa nel sangue è ciclica, non costante. Inoltre molti artefatti presenti nello striscio di sangue possono essere confusi con questi organismi.
  • PCR (polimerase chain reaction): è in assoluto il metodo più sicuro per diagnosticare l'emobartonellosi. Consiste nella ricerca del DNA del parassita nel sangue del micio, è quindi sufficiente un semplice prelievo di sangue. E' un'ottima tecnica che da risultati attendibili sia in caso di negativi, sia in caso di positivi.
Trattamento

Per trattare la FIA si utilizzano farmaci antibiotici. Il farmaco di elezione è la doxiciclina somministrata alla dose di 10 mg/Kg PO ogni 24 ore per tre-quattro settimane. Un altro farmaco che si può utilizzare è l’enrofloxacina alla dose di 10 mg/kg PO ogni 24 ore per periodi fino a 28 giorni. In associazione agli antibiotici si possono somministrare corticosteroidi, al fine di sopprimere la distruzione immunomediata dei globuli rossi alla dose di 1-4 mg/Kg/die per 1-2 settimane fino a che l’emolisi cessa. Per verificare l’efficacia del trattamento può essere utilizzata la tecnica della PCR.

Nei gatti in cui l’anemia è molto grave può essere necessaria la somministrazione di ossigeno e l’infusione endovenosa di liquidi. Allo stesso modo è importante fornire un trattamento di supporto, una corretta alimentazione e una reidratazione adeguata nel caso di animali disidratati.

Prevenzione

Dal momento che non sono del tutto chiari i meccanismi di trasmissione, è difficile stabilire le linee di prevenzione. E’ opportuno prevenire le infestazioni da pulci e limitare le aggressioni tra gatti.

A cura della dott.ssa Daniela Ferrari

FONTE: Clinica Borgarello Blog

Iniziativa "IO L'HO VISTO"

mercoledì 15 luglio 2009

Riparte l’iniziativa lanciata da ProntoFido.it per aiutare gli animali abbandonati nelle autostrade delle vacanze:

ISTRUZIONI PER L'USO

memorizza subito nella tua rubrica il numero:
334 105 10 30

Se vedi un animale abbandonato in autostrada, SOLO IN AUTOSTRADA, fermati alla prima area di sosta ed INVIA un SMS con i seguenti dati necessari per il ritrovamento:
  • ORA DELL'AVVISTAMENTO
  • LOCALITÀ E PROVINCIA
  • AUTOSTRADA E DIREZIONE DI MARCIA
I messaggi saranno pubblicati automaticamente sul nostro sito e da lì inoltrati subito alla sede più vicina della POLIZIA STRADALE che attiverà le necessarie operazioni di emergenza ed interesserà le strutture preposte al recupero del cane.

Maggiori dettagli saranno inviati dagli automobilisti più facile sarà intervenire e salvare gli animali!

ATTENZIONE: Non perdere mai l'attenzione alla guida!

Chiedi di inviare il messaggio a uno dei tuoi passeggeri; oppure, se sei in auto da solo, fermati alla prima area di sosta prima di inviare l'sms.

Se anche tu vuoi diventare volontario delle ronde antiabbandono scrivi una mail con i tuoi dati a: leronde@prontofido.net e sarai uno dei nostri.

Attenzione al colpo di calore!

martedì 14 luglio 2009

Il colpo di calore rappresenta una reale emergenza nella pratica clinica veterinaria e alle nostre latitudini puo’ verificarsi dalla primavera all’autunno inoltrato.
Il colpo di calore è solitamente il risultato di un’ inadeguata dispersione del calore (che negli animali non avviene mediante il sudore, come capita a noi esseri umani, ma avviene soprattuto attraverso la respirazione).
L’esposizione ad elevate temperature ambientali può rendere l’immagazzinamento del calore molto più rapido rispetto alla sua dispersione da parte degli animali....continua a leggere qui.

Mal d'auto

venerdì 10 luglio 2009

Un possesso responsabile dell’animale non prescinde mai dall’attenta valutazione del suo benessere anche in occasione del trasporto in macchina.

Il mal d’auto o cinetosi è un problema comune più di quanto si possa pensare; può colpire cani di tutte le età, anche se i cuccioli e i giovani sono più predisposti (un cane su sei: più del 17%).

I segni tipici della cinetosi sono agitazione, affanno, salivazione eccessiva, eruttazione ed infine vomito. Il disagio può manifestarsi ancor prima di entrare in macchina a causa del ricordo di esperienze precedenti (anticipazione).

La cinetosi si manifesta quando il cervello riceve stimoli discordanti dagli organi di equilibrio. Questa condizione toglie piacere al viaggio e può trasformarlo in una esperienza stressante anche per il proprietario.

Esistono nuovi farmaci da poter somministrare prima del viaggio efficaci, sicuri e privi di effetti indesiderati come apatia e sonnolenza. Il mal d’auto può essere risolto mettendo in atto alcuni accorgimenti per ridurre i disagi del tuo cane e chiedendo informazioni più dettagliate al tuo veterinario.

Consigli per il viaggio
  • Aprire parzialmente il finestrino durante il viaggio per permettere l’ingresso dell’aria fresca
  • Cercare di guidare il più dolcemente possibile evitando accelerazioni e frenate non necessarie
  • Assicurarsi che la temperatura all’interno dell’auto non sia né troppo calda né troppo fredda
  • Durante i viaggi lunghi, fare soste regolari per fare scendere il cane dalla macchina e permettergli di bere
  • Abituare il cane ai viaggi in auto iniziando con brevi tragitti e aumentando gradualmente la durata del viaggio
  • L’associazione del viaggio a un attività piacevole, ad esempio una passeggiata una volta giunti a destinazione, può aiutare a ridurre l’ansia e la paura
  • Portare in auto un suo gioco o la sua coperta per rendergli l’ambiente più famigliare
  • Gratificare con carezze e parole affettuose quando durante il viaggio rimane tranquillo Ignorare ed evitare di rassicurarlo quando invece si agita, abbaia o piagnucola altrimenti si rischia di aumentare il suo disagio.
FONTE: www.ministerosalute.it

Cani da caccia: LEPTOSPIROSI

sabato 4 luglio 2009

LA CAUSA

Il germe responsabile di questa patologia è un battere appartenente al genere "Leptospira". Tuttavia, esistono diversi ceppi con cui il cane può infettarsi, cui corrispondono anche diverse sintomatologie e quadri clinici.


In particolare:


  • L. itteroemorragiae: è la specie che più bisogna temere. Questo ceppo causa l'insorgenza del "Weil Canino", così chiamato per la perfetta analogia con la corrispondente affezione dell'uomo ("Morbo di Weil"), che consiste in una Sindrome Itteroemorragica.
  • L. canicola: un tempo era molto frequente e provocava il "Tifo Canino", chiamato anche "Malattia di Stoccarda", poiché il germe fu isolato lì per la prima volta. Ormai, però, questa patologia non è più presente: infatti, avendo come ospite di mantenimento il cane, attraverso la vaccinazione siamo riusciti a farla scomparire.
  • L. bratislava: è stata isolata nel cane, poiché alcuni animali ne risultavano positivi, ma non dà gravi sintomi. È stata sicuramente evidenziata la sua localizzazione a livello renale, dove - a lungo andare - causa un'infiammazione cronica di scarsa importanza.
Attenzione agli ANIMALI A RISCHIO

La Sindrome Itteroemorragica ha diffusione universale, anche se la sua frequenza, un tempo notevole, è andata man mano riducendosi per il largo uso della vaccinazione. Colpisce, senza distinzioni, cani di qualsiasi sesso, età e razza, anche se ha una certa predilezione per quelli che hanno da 1 a 3-4 anni. Presenta caratteri di stagionalità con punte massime nella tarda Estate ed in Autunno, proprio in coincidenza con l'inizio dell'attività venatoria e delle abbondanti precipitazioni atmosferiche del periodo.

COME SI DIFFONDE

Il contagio, nella maggioranza dei casi, è di tipo indiretto ed avviene per lo più a seguito dell'ingestione di acqua ed alimenti contaminati dalle urine di cani infetti o, più frequentemente, di arvicole, topi e ratti portatori, che sono gli ospiti di mantenimento dell'infezione. Per tale ragione, ricorre spesso in cani da caccia, avendo questi maggiore occasione di abbeverarsi in acque stagnanti inquinate.

L'INFEZIONE

Gli animali colpiti presentano quadri febbrili accompagnati da abbattimento, anoressia, vomito, diarrea emorragica ed interessamento sia epatico che renale. Sono stati riscontrati anche casi con interessamento del Sistema Nervoso, in cui si ha meningite.
I sintomi si protraggono all'incirca per una settimana, poi, si giunge alla morte dell'animale, che è preceduta da uno stato comatoso e di ipotermia.
Rare sono le forme subacute e subcliniche, che si manifestano con sintomatologie di ordine generale (febbre, etc.).

LA DIAGNOSI

È diretta alla dimostrazione della presenza dell'infezione mediante vari esami di laboratorio. Primo fra tutti, è l'esame istologico di organi e tessuti colpiti; poi, ci si avvale anche dell'osservazione microscopica dei liquidi organici, dell'isolamento del germe in coltura e di indagini sierologiche su campioni di sangue. Raramente, si può cercare di fare diagnosi certa mediante prove biologiche, che consistono nell'inoculazione di animali da esperimento.

COME SI PUÒ CURARE?

La terapia deve essere precoce, affinché i farmaci utilizzati abbiano maggiori probabilità di successo. In pratica, essa si basa esclusivamente sull'impiego di antibiotici. Nel caso in cui la diagnosi sia tardiva, lo sarà anche il tipo di trattamento, che tenderà a correggere le errate situazioni anatomo-funzionali, provocate dai batteri, soprattutto mediante l'utilizzo di più farmaci ed integratori vitaminici. Tuttavia, come più volte è stato ricordato, qualsiasi intervento terapeutico attuato tardivamente - per quanto razionale e complesso esso sia - ha purtroppo scarse probabilità di raggiungere l'obiettivo della guarigione.

LA VACCINAZIONE

La vaccinazione, di solito a cadenza annuale, non risulta essere protettiva nel caso in cui un cane venga a contatto con molti ospiti di mantenimento infetti. Per tale motivo, nei cani da caccia, si consiglia di ripetere la vaccinazione ogni sei mesi.

A cura della Dr.ssa Maurizia Pallante

FONTE: www.vet-in-time.it