Codice Fiscale: 97508700586


COCCIDIOSI

lunedì 29 dicembre 2008

PIU' IGIENE PER FIDO

Per una buona profilassi si deve tener conto delle normali regole di igiene e pulizia, nonché del grado di affollamento degli animali soprattutto in spazi ristretti come i canili.

I Coccidi sono piccoli protozoi intestinali, appartenenti al subphylum degli Sporozoi, anche detti Apicomplexa per la presenza di un complesso apicale di attacco e perforazione utile per penetrare all'interno dell'ospite. Infatti, essi sono caratterizzati dal compiere alcune fasi del loro ciclo vitale in sede intracellulare ed anche la loro riproduzione presenta aspetti diversi: ci sono due fasi asessuali, schizogonia e sporogonia, che ne assicurano rispettivamente moltiplicazione e maturazione, ed una fase sessuale, la gametogonia, che produce spore, cioè forme di resistenza ambientale. Fra questi parassiti, i responsabili delle coccidiosi dei cani sono rappresentati dal genere Isospora ed i più comuni sono I. canis ed I. ohioensis.

Epidemiologia e Immunità

Le condizioni ottimali per la diffusione delle infezioni da Isospora sono rappresentate dalle lettiere permanenti, soprattutto quando condizioni di affollamento facilitano la trasmissione del parassita. Tuttavia, sembrerebbe anche che questi parassiti si comportino da agenti opportunisti, causando patologia in concomitanza di infezioni virali o in situazioni di riduzione dell'efficienza del sistema immunitario. Comunque sia, a seguito di tale infezione, si sviluppa sempre l'immunità, sebbene vari con la specie.

Ciclo Vitale

Il ciclo vitale dei coccidi è normalmente diretto, cioè fecale-orale: il cane può infettarsi ingerendo delle spore mature dall'ambiente esterno, che vengono rilasciate immature con le feci di un altro cane infetto, ma che, col tempo, maturano all'esterno. Tuttavia, si hanno evidenze in cui il rapporto predatore-preda gioca un ruolo importante. Ad esempio, i cani potrebbero acquisire l'infezione dai tessuti di roditori portatori di parassiti, durante la predazione.

Patologia e Trattamento

Le infezioni da Isospora determinano alterazioni della mucosa intestinale, la cui gravità dipende dalla densità dei parassiti e dalla loro localizzazione a livello di tale mucosa. Infatti, nelle infezioni gravi sostenute da specie localizzate profondamente, la distruzione della mucosa è così massiccia da provocare emorragia, mentre nelle infezioni più lievi e superficiali, il danno consiste in una semplice riduzione dell'assorbimento e dell'utilizzo dei principi nutritivi della dieta da parte della mucosa intestinale. Va comunque sottolineato che, nel cucciolo, le sindromi possono essere piuttosto gravi e di difficile controllo clinico. Il trattamento dovrebbe essere effettuato tempestivamente dopo la diagnosi, al fine di non creare focolai epidemici. La cura, in genere, consiste nella somministrazione veterinaria di antiparassitari, per lo più farmaci coccidio-statici o preparati anticoccidici.

Diagnosi e Profilassi

La diagnosi si basa essenzialmente su esami coprologici, andando a ricercare le spore all'interno del materiale fecale. Per una buona profilassi, invece, si deve tener conto delle normali regole di igiene e pulizia, nonché del grado di affollamento degli animali soprattutto in spazi ristretti come i canili.


COCCIDIOSI DEL GATTO


I responsabili delle coccidiosi dei gatti sono rappresentati dal genere Isospora ed i più comuni sono
I. felis ed I. rivolta
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Epidemiologia & Immunità

Le condizioni ottimali per la diffusione delle infezioni da Isospora sono rappresentate dalle lettiere permanenti, soprattutto quando condizioni di affollamento facilitano la trasmissione del parassita. Tuttavia, sembrerebbe anche che questi parassiti si comportino da agenti opportunisti, causando patologia in concomitanza di infezioni virali o in situazioni di riduzione dell’efficienza del sistema immunitario. Comunque sia, a seguito di tale infezione, si sviluppa sempre l’immunità, sebbene vari con la specie.

Ciclo Vitale

Il ciclo vitale dei coccidi è normalmente diretto, cioè fecale -orale: il gatto può infettarsi ingerendo delle spore mature dall’ambiente esterno, che vengono rilasciate immature con le feci di un altro gatto infetto, ma che, col tempo, maturano all’esterno. Tuttavia, si hanno evidenze in cui il rapporto predatore-preda gioca un ruolo importante. Ad esempio, i gatti potrebbero acquisire l’infezione dai tessuti di roditori portatori di parassiti, durante la predazione.

Patologia & Trattamento

Le infezioni da Isospora determinano alterazioni della mucosa intestinale, la cui gravità dipende dalla densità dei parassiti e dalla loro localizzazione a livello di tale mucosa. Infatti, nelle infezioni gravi sostenute da specie localizzate profondamente, la distruzione della mucosa è così massiccia da provocare emorragia, mentre nelle infezioni più lievi e superficiali, il danno consiste in una semplice riduzione dell’assorbimento e dell’utilizzo dei principi nutritivi della dieta da parte della mucosa intestinale. Va comunque sottolineato che, nel cucciolo, le sindromi possono essere piuttosto gravi e di difficile controllo clinico. Il trattamento dovrebbe essere effettuato tempestivamente dopo la diagnosi, al fine di non creare focolai epidemici. La cura, in genere, consiste nella somministrazione veterinaria di antiparassitari, per lo più farmaci coccidio-statici o preparati anticoccidici. Nel gatto possono risultare efficaci sulfamidici come la solfametopirazina e la sulfadimidina.

Diagnosi & Profilassi

La diagnosi si basa essenzialmente su esami coprologici, andando a ricercare le spore all’interno del materiale fecale. Per una buona profilassi, invece, si deve tener conto delle normali regole di igiene e pulizia, nonché del grado di affollamento degli animali soprattutto in spazi ristretti come gattili e colonie feline.

A cura della Dr.ssa Maurizia Pallante

FONTE: www.vet-in-time.it

La Martini ha firmato l'ordinanza contro le esche avvelenate

giovedì 25 dicembre 2008

Il provvedimento siglato dal sottosegretario alla Salute mira a punire non solo l'uso, ma anche la detenzione di esche o bocconi avvelenati.

ROMA

Il Sottosegretario alla Salute Francesca Martini ha firmato un’ordinanza per il divieto di utilizzo e di detenzione di esche o bocconi avvelenati. Lo rende noto il ministero del Welfare.

Il provvedimento, spiega il ministero, «ha lo scopo di prevenire i rischi diretti per la salute dell’uomo e degli animali nonchè quelli derivanti dalla contaminazione ambientale». In particolare, il provvedimento - ai fini della tutela della salute pubblica, della salvaguardia e dell’incolumità delle persone, degli animali e dell’ambiente - vieta di utilizzare in modo improprio, di preparare, miscelare e abbandonare esche e bocconi avvelenati o contenenti sostanze tossiche o nocivi, compresi plastiche e metalli».

L’ordinanza vieta, altresì, la detenzione, l’utilizzo e l’abbandono di qualsiasi alimento preparato in maniera tale da poter causare intossicazioni o lesioni al soggetto che le ingerisce e prevede l’obbligo per il proprietario o il responsabile dell’animale deceduto a causa di esche o bocconi avvelenati di dare segnalazione alle autorità competenti.

L’ordinanza dispone, inoltre, che il medico veterinario che sulla base di una sintomatologia conclamata emette diagnosi di sospetto avvelenamento, o viene a conoscenza di un caso di avvelenamento di un esemplare di animale domestico o selvatico, deve darne immediata comunicazione al sindaco e al servizio veterinario della Asl competente. In caso di decesso dell’animale, il veterinario deve inviare le spoglie all’Istituto Zooprofilattico sperimentale competente per territorio. Gli Istituti Zooprofilattici devono sottoporre ad autopsia l’animale ed effettuare entro trenta giorni analisi sui campioni pervenuti e comunicarne gli esiti al medico veterinario e, qualora le analisi siano positive, all’autorità giudiziaria.

I sindaci ai quali siano pervenute segnalazioni di sospetti avvelenamenti, secondo quanto stabilisce l’ordinanza, «devono disporre l’immediata apertura di un’indagine e provvedere ad attivare le iniziative necessarie alla bonifica dell’area interessata, nonchè segnalare l’area interessata con un apposita cartellonistica».

Viene, inoltre, attivato presso ciascuna Prefettura un "tavolo di coordinamento" per la gestione degli interventi da effettuare e per il monitoraggio del fenomeno.

I produttori di presidi medico-chirurgici, di prodotti fito-sanitari e di sostanze pericolose appartenenti alle categorie dei topicidi, ratticidi, lumachicidi e nematocidi ad uso domestico, civile ed agricolo, si afferma nell’ordinanza, «hanno l’obbligo di aggiungere al prodotto una sostanza amaricante che lo renda sgradevole ai bambini e agli animali» e «nel caso in cui la forma commerciale sia un’esca, deve essere previsto un contenitore con accesso solo all’animale "bersaglio"».

FONTE: La Zampa.it

Dal 17-01-2009 l'ordinanza è in vigore, il testo è visionabile su: www.gazzettaufficiale.it

Cani pericolosi: è ora di voltare pagina

venerdì 19 dicembre 2008

In natura, tra i lupi, l’aggressività è una caratteristica splendidamente funzionale alla sopravivenza del singolo e, per esso, della specie. E’ solo in funzione di questa che viene attivata ed è proprio in virtù di questo scopo ultimo che osserviamo una sorta di vero e proprio miracolo: i lupi sono perfettamente in grado di trasformare le pulsioni aggressive in un rituale tanto eloquente quanto efficace; non è necessario passare alle vie di fatto: il rituale è pienamente sufficiente ed è comprensibile per ogni componente della specie. Il passaggio dal rituale all’azione aggressiva è estremamente raro: non serve, non è funzionale.

Il cane, diretto discendente del lupo, ha ereditato queste caratteristiche. Facciamo riferimento alle antiche razze da lavoro e scopriamo, per esempio, che tra i molossi, e scelgo questa tipologia proprio perchè vicina alle razze giudicate pericolose dalla vigente Ordinanza, è perfettamente presente nella loro primitività, questa stupenda capacità di ritualizzare passando all’azione solo quando la minaccia a sé e a quanto va difeso (generalmente greggi) non accetta quanto la ritualità comunica e tenta di passare alle vie di fatto (nel caso citato la predazione del gregge). Ma viene da chiedersi se la natura possa generare cani incapaci di questa ritualizzazione; no,perché in natura non vi è nulla di casuale e, nello specifico, l’azione della madre sui cuccioli è tale da imprimere in modo indelebile le regole della vita sociale.

E’ questo un chiaro esempio della natura che combina in modo mirabile genetica e apprendimento rendendo praticamente impossibile l’errore.

In questa combinazione sta il passaggio chiave. Il cucciolo di lupo ha alcuni anni per trarre completo beneficio da questa combinazione. Il cane domestico non ha che sessanta giorni per imparare dalla madre i rudimenti che sono parte integrante della sua cultura (se cultura significa capacità di trasmettere apprendimenti). Ha dunque perfettamente ragione il Sottosegretario alla salute Francesca Martini affermando che non ha senso parlare di razze pericolose. Certo le razze canine sono tante, certo un molosso non è un volpino, ma il molosso e il volpino sono cani perfettamente in grado di vivere dinamiche sociali tanto complesse quanto coerenti: basta che qualcuno le insegni loro. C’è infatti una variabile che si inserisce proprio a questo punto ed è la realtà urbanizzata. L’urbanizzazione scrive nuove regole, pone al cane richieste complesse non appartenenti a ciò che genetica e maternage gli hanno insegnato. La realtà urbana e l’uomo che ne è il primo rappresentante pongono il cane in una situazione nuova di fronte alla quale gli mancano gli strumenti interpretativi e le capacità positivamente adattive. Questo può generare nel cane stress negativo e sappiamo bene che lo stress è spesso fonte di reazioni incontrollate e incontrollabili; è per questo che anche un piccolo volpino può rappresentare un problema, spesso è ben più mordace di un molosso perché meno adeguato e più stressato da modalità umane completamente inadeguate. Ha dunque nuovamente ragione il Sottosegratrio alla Salute quando pone il problema di divulgare una nuova cultura cinofila basata su corsi per i proprietari; l’uomo deve completare positivamente l’azione combinata di genetica e maternage.

Vi è la necessità di aiutare l’uomo a comunicare con il cane, comprendendone il linguaggio, rispondendo correttamente ai suoi bisogni fondamentali e fornendo gli strumenti adeguati ad affrontare le richieste poste dall’urbanizzazione. Il cane, qualunque cane, è perfettamente in grado di inserirsi in modo costruttivo nel contesto sociale in cui vive. Rendere obbligatori corsi di educazione cane-padrone con Educatori Cinofili Professionisti competenti, aggiornati e motivati renderebbe possibile condurre i proprietari ad una corretta relazione con il cane attraverso la quale diverrebbe semplice, nel pieno rispetto dell’alterità, gestire il proprio animale. Un cane correttamente socializzato è in grado di vivere con l’uomo non solo senza reazioni fuori controllo, ma rappresentando una vera e propria occasione di arricchimento per l’uomo stesso. Tra l’altro stabilire un rapporto corretto con il proprio cane rende il legame cane-uomo più significativo ed è per questo un ulteriore strumento per contrastare anche la piaga dell’abbandono.

Capire il cane è il primo passo per conoscerlo e conoscerlo significa comprendere i suoi bisogni e stabilire quel rapporto che non solo rende impossibile l’abbandono, ma rappresenta un valore aggiunto all’esperienza umana.

A cura del Dott. Maurizio Dionigi

Presidente Nazionale APNEC: Associazione Professionale Nazionale Educatori Cinofili

FONTE: www.apnec.org

Stop alle razze di cani costrette a soffrire solo per motivi estetici

"Dagli esperti del Comitato bioetico per la veterinaria (Cbv) le strategie per ridurre le cucciolate a rischio"

ROMA

Mini-cani talmente piccoli da entrare in una borsetta e sempre più richiesti, ma «ai limiti di una condizione di vita sana». Femmine di bulldog col bacino tanto stretto da aggiudicarsi il primo posto nelle mostre di bellezza canina, che però non possono partorire da sole e devono subire un cesareo. O esemplari dal muso schiacciato che faticano a respirare, insieme ai cuccioli di shar pei dalla buffa pelle a pieghe, vittime ideali delle dermatiti. A puntare il dito contro il caso delle razze canine i cui caratteri sono così esasperati da causare problemi fisici e sofferenze, sono gli esperti del Comitato bioetico per la veterinaria (Cbv), riunito a Roma per celebrare il suo decennale.

«Il caso delle razze canine sofferenti - spiega all’ADNKRONOS SALUTE Pasqualino Santori, veterinario e presidente del Cbv - è conseguenza di scelte di allevamento che puntano a soddisfare i desideri di un pubblico di acquirenti attratti dall’aspetto buffo e simpatico dei cani o dal loro valore come status symbol. Senza tener conto delle conseguenze sulla salute e il benessere di questi animali». Insomma, «continuano e forse aumentano le nascite di animali con malformazioni fisiche. O, quantomeno, si mantengono le condizioni oggettive per una maggiore probabilità di avere queste cucciolate, attraverso accoppiamenti a rischio». Il Comitato, sollevando la questione delle razze canine sofferenti, frutto di un vero e proprio ’maltrattamento geneticò, vuole portare l’attenzione su una questione emblematica del rapporto tra essere umano e animali, vittime di contraddizioni e superficialità. Talvolta, come in questo caso, «questo rapporto non rispetta le condizioni di benessere o causa malessere». Il problema bioetico riguarda la valutazione dei diversi interessi in gioco: degli allevatori; degli acquirenti più o meno consapevoli della probabilità di malformazioni che creeranno problemi per tutta la vita ai loro animali; degli stessi cani; dell’opinione pubblica; delle istituzioni con le loro scelte a tutela del benessere animale. Per questo il Cbv auspica in primo luogo «una sorta di foglietto illustrativo che - spiega Santori - al momento della cessione dell’animale, informi il futuro proprietario sui rischi e i problemi di salute cui il cane potrà andare incontro». Inoltre gli esperti chiedono l’elaborazione di strategie per ridurre al minimo la nascita di cucciolate al rischio.

Ecco nei dettagli le raccomandazioni del Cbv, che auspica:

1) che, al momento della cessione, i cuccioli delle razze ad alto rischio di malformazioni siano accompagnati da note che spieghino le caratteristiche della razza in relazione ai possibili stati di malessere o disagio che si potranno presentare in quell’animale. Nelle stesse note devono essere definite le caratteristiche ambientali più adatte alla vita dell’animale, per ridurre al minimo le condizioni di malessere. Una procedura inutile per le altre razze e i cani meticci, da riservare solo per le razze in esame. Secondo il Comitato si tratta di una sorta di ’consenso informatò nella scelta di una razza. Sarebbe il primo passo verso l’acquisizione consapevole di un animale da compagnia. Non solo, «sarebbe un contributo utile per la prevenzione di diversi fenomeni negativi, tra cui il randagismo e il problema dei cani pericolosi. In quest’ultimo caso, si aumenterebbe la consapevolezza dei proprietari, promuovendo la responsabilizzazione nella scelta di un cane di tipologia più a rischio di produrre aggressioni gravi».

2) l’acquisizione consapevole di un animale a rischio di problematiche legate al suo Dna non è sufficiente da un punto di vista morale a giustificare la nascita di animali potenzialmente sofferenti. Pertanto «il Comitato auspica che da subito vengano definite strategie di allevamento per minimizzare il fenomeno». In pratica, si raccomandano interventi da parte degli organismi competenti, pubblici e privati. Si auspica, inoltre, che nelle gare di bellezza si tenga prioritariamente conto delle condizioni di benessere degli esemplari esposti, non solo degli standard di bellezza. «Pur tenendo conto degli interessi economici in gioco e dell’interesse di tipo culturale avanzato da alcuni per queste razze, sarà necessario definire un limite di tempo entro cui interrompere la produzione di cuccioli di razze o di linee di sangue per cui non si sia raggiunto un adeguato livello di sicurezza nei confronti della probabilità di rischio di alterazioni fisiche». Tanto che «alcuni membri del Comitato hanno espresso il parere che l’interruzione della produzione di cucciolate a rischio debba essere immediata. Ci rendiamo conto che ci sono molti elementi in gioco, e che dunque il processo debba essere graduale - dice Santori - ma non possiamo permetterci di sfruttare la plasticità genetica dei cani per selezionare animali costretti a inutili sofferenze».

FONTE: La Zampa.it

DOSSIER: LA LEISHMANIOSI

martedì 16 dicembre 2008

Il vettore trasmettitore è un insetto, il Phlebotomus perniciosus, all'interno del quale i protozoi si moltiplicano, trasformandosi in organismi infettivi.

Specie e Distribuzione

L'identificazione delle diverse specie di Leishmania è molto difficile dal punto di vista morfologico, ma l'utilizzo di varie tecniche di laboratorio ne ha permesso la descrizione di oltre 18 specie e sottospecie. Le due specie responsabili della leishmaniosi canina sono la Leishmania infantum, presente nel Medio Oriente e soprattutto nel bacino del Mediterraneo (in Italia, la zona più colpita è il Sanremese) e la Leishmania chagasi, caratteristica delle Americhe. Tuttavia, esistono anche altre specie di Leishmania, diffuse sia nel Vecchio che nel Nuovo Mondo, che possono provocare lesioni cutanee e/o mucocutanea nel cane, senza però coinvolgimento viscerale.

Ciclo Biologico

Ogni protozoo può presentarsi in due forme diverse: una cellulare, priva di movimento e detta «Amastigote», ed una forma mobile, libera, dotata di un lungo flagello anteriore e chiamata «Promastigote». Le forme amastigoti si localizzano nel sangue di un cane infetto, all'interno di alcune cellule dell'apparato immunitario, i macrofagi. Quando il flebotomo, durante il suo pasto ematico, punge il cane infetto, preleva dal sangue anche queste forme amastigoti, le quali raggiungono il suo intestino e si trasformano nella forma mobile. Indi, risalgono tutto il canale alimentare dell'insetto, andando a localizzarsi nelle ghiandole salivari. Qui aspettano che il flebotomo punga un altro cane, in modo da penetrarvi e localizzarsi nuovamente nei macrofagi, per tornare ad essere amastigoti. Una volta penetrati nei macrofagi, gli amastigoti si replicano per scissione binaria, aumentando notevolmente di numero, tanto da causare la lisi dei macrofagi, che non riescono più a contenerli. Una volta liberi nel sangue, gli amastigoti possono essere nuovamente catturati dai macrofagi, e quindi continuare a replicarsi, oppure, nel caso in cui il flebotomo punga il cane, continuare il proprio ciclo biologico nell'ospite vettore.

Segni Clinici

La sintomatologia della leishmaniosi canina è estremamente variabile e può comprendere soprattutto depressione della funzionalità dei linfonodi periferici (che in casi cronici possono apparire normali), lesioni cutanee, lesioni oculari (congiuntivite cronica) ed anoressia. Più raramente, invece, sono stati osservati anche malattie immunitarie, aumento dell'appetito con dimagrimento, febbre, insufficienza renale, disturbi di deambulazione e debolezza generale.
Sebbene l'animale colpito in genere presenti una combinazione di più segni clinici, è possibile osservare anche un solo sintomo. Il cane spesso presenta mantello opaco, debilitazione e condizioni generali precarie. La febbre è stata segnalata in casi di infezioni parassitarie concomitanti o batteriche secondarie. L'atrofia muscolare, soprattutto nei muscoli facciali e temporali, è relativamente comune nei casi infetti da Leishmania e conferisce il tipico aspetto di «Cane Vecchio». I segni cutanei (dermatiti) sono tra i più importanti della malattia: vengono descritti diversi tipi di lesioni, macro e microscopiche. Malattie immunitarie si riscontrano in cani sottoposti a terapie anti-Leishmania e, infine, sono stati segnalati anche casi di poliartrite con zoppia intermittente e migratoria.

Diagnosi

La diagnosi della leishmaniosi canina può essere difficile dato il quadro clinico polimorfo, non patognomonico. Inoltre, non esiste ancora nessuna prova diagnostica che abbia una sensitività o specificità del 100%. Fra le alterazioni clinico-patologiche, le più significative sono quelle riguardanti il proteinogramma, con un incremento generale delle proteine totali. Questo parametro si può considerare un punto cardinale per un forte sospetto di leishmaniosi, cui si possono associare tre categorie di prove diagnostiche, ormai utilizzate di routine per la diagnosi vera e propria. In primis, i metodi parassitologici, con dimostrazione diretta della presenza del parassita nell'organismo animale, poi i metodi sierologici, che evidenziano la presenza nel sangue di anticorpi anti-Leishmania e, infine, i metodi molecolari, basati sullo studio del DNA di Leishmania.

Terapia

Non esiste ancora un protocollo terapeutico che sia efficace, sicuro, economico e facile da somministrare. Tuttavia, tramite l'applicazione di corretti protocolli terapeutici, è possibile controllare i segni clinici dell'infezione per periodi anche prolungati e, in taluni casi, raggiungere la guarigione clinica. Attualmente, quattro farmaci vengono impiegati nella terapia di Leishmania: gli antimoniali pentavalenti, l'aminosidina, l'allopurinolo e l'amfoteracina B.

Profilassi

Non esiste un vaccino nei confronti di Leishmania e l'efficacia della somministrazione di farmaci anti-Leishmania in cani sani a scopo preventivo non è stata dimostrata. Per tali ragioni, la profilassi si basa esclusivamente sul controllo della popolazione del vettore e sull'evitare il contatto fra quest'ultimo ed il cane. Il flebotomo è più attivo al tramonto e nelle prime ore del mattino, inoltre ama rifugiarsi nelle crepe dei muri, dove, periodicamente, è possibile applicare trappole e/o insetticidi. Infine, anche l'uso di sostanze repellenti direttamente sul cane o permettere a quest'ultimo di dormire in un ambiente chiuso durante la notte costituisce probabilmente uno dei metodi di prevenzione più semplici ed efficaci.
È importante ricordare che la presenza di cani infetti costituisce una fonte continua di infestazione, non solo per altri cani, ma anche per l'uomo. A tal proposito, alcuni autori suggeriscono l'abbattimento dei soggetti infestati, soprattutto se randagi, e in effetti, in alcuni paesi, tale soppressione è obbligatoria.

Leishmaniosi Umana

L'uomo rappresenta un ospite occasionale per questo parassita. La leishmaniosi viscerale colpisce soprattutto i bambini ed ha decorso invariabilmente fatale se non trattata. È caratterizzata da anemia, depressione del numero di globuli bianchi e piastrine, ingrandimento di fegato e milza. Il ruolo epidemiologico del cane nella leishmaniosi viscerale dell'uomo è stato approfondito negli ultimi anni. E' stato osservato che il perdurare di un numero elevato di casi di leishmaniosi canina nei paesi sviluppati non è accompagnato da un altrettanto alta frequenza di casi umani. Ciò è sicuramente dovuto al miglioramento delle condizioni sanitarie e nutrizionali della popolazione ed all'aumentata resistenza individuale alla malattia. Non a caso, infatti, spesso si riscontrano individui sani sieropositivi alla leishmaniosi.

Sempre più spesso si sente parlare di Leishmania: mega-cartelloni ce la illustrano sulle pareti degli ambulatori veterinari ed anche i proprietari di cani sembrano essere a conoscenza dell'esistenza di questa zoonosi. Ma cos'è una zoonosi? Come si sviluppa una leishmaniosi? E, soprattutto, in cosa consiste la sua grande pericolosità?
I protozoi del genere Leishmania sono parassiti unicellulari ed intracellulari di alcune cellule costituenti l'apparato immunitario del cane, dell'uomo e di numerosi animali selvatici (canidi e roditori). Sulla base di criteri classificativi usati in medicina umana, la leishmaniosi si presenta in tre forme cliniche: viscerale (nell'uomo nota come «Kala-azar»), cutanea e mucocutanea. Per quanto riguarda il cane, anche se il quadro clinico caratteristico ha portato nel passato a separare una forma cutanea da una forma viscerale, oggi entrambe sono considerate forme evolutive della medesima malattia, indicata col nome di Leishmaniosi Canina Generalizzata (Generalized canine leishmaniosis).
Il vettore trasmettitore è un insetto, il Phlebotomus perniciosus, all'interno del quale i protozoi si moltiplicano, trasformandosi in organismi infettivi. La leishmaniosi è una zoonosi molto importante, cioè una patologia parassitaria (parassitosi) che può essere trasmessa dagli animali all'uomo, ma non viceversa. Questa diventa un'affermazione importante se pensiamo al coinvolgimento che ne deriva con la sfera della sanità pubblica: significa che una zoonosi non è solo una «malattia» degna dell'attenzione di un veterinario, bensì un fenomeno che interessa anche la medicina umana e soprattutto le istituzioni che, a livello nazionale, si occupano della tutela e della profilassi della salute pubblica.

A cura della Dr.ssa Maurizia Pallante

FONTE: www.vet-in-time.it

ROMA: FONDO SORRISO

CONTRO LA CRISI ARRIVA IL FONDO SORRISO PER CANI E GATTI IN DIFFICOLTA’

La crisi economica minaccia non solo le famiglie, ma anche gli animali d’affezione, a rischio abbandono. Secondo l’Istat, il 50% dei nuclei familiari vive con meno di 1.800 euro al mese, il 14,6% arriva con molta difficoltà alla fine del mese ed il 28,4% non può far fronte a spese impreviste. Per questo nasce il progetto-pilota “Fondo Sorriso” e “Banco Alimentare”, per ora nel Comune di Roma, per aiutare le famiglie meno abbienti a pagare vaccinazioni, sterilizzazioni ed a fornire cibi per i loro cani e gatti. L’iniziativa, presentata oggi in Campidoglio, è organizzata dall’associazione “6 Zampe Onlus” (www.6zampe.it), in collaborazione con “Roma Pet Soccorso”, e patrocinata dall’Assessorato alle politiche ambientali del Comune di Roma.

“Daremo il giusto supporto alla lodevole iniziativa – ha assicurato l’Assessore all’Ambiente on. Fabio De Lillo - invitando quante più aziende ad aderire, perché con un’azione sinergica tra pubblico e privato si possono davvero aiutare tante famiglie in difficoltà, limitando il rischio degli abbandoni di animali”. Hanno già aderito e offerto prodotti alimentari e farmaceutici le aziende : Formevet, Meradog, Biodog, Demas, Giulius, Petnet.

FAMIGLIE A BASSO REDDITO

Come spiega Marzia Novelli, “potranno usufruire del progetto le famiglie a basso reddito già esenti dal ticket sanitario nazionale. Tre le opportunità offerte per i loro animali d’affezione : banco farmaceutico e banco alimentare, entrambi già attivi, e prestazioni veterinarie, che partiranno dal prossimo marzo. L’interessato, residente a Roma, potrà inviare una mail a fondosorriso@6zampe.it, specificando nome, cognome, indirizzo di residenza, reddito lordo annuo, telefono, problematica e identità dell’animale, per i cani è obbligatoria l’iscrizione all’anagrafe canina”. A provvedere alla distribuzione di medicinali e cibi sarà “Roma Pet Soccorso”, guidata dal veterinario Stefano Argiolas, che spiega: “Abbiamo già programmato una capillare rete operativa e solidale, i prodotti donati dalle aziende sono prossimi alla scadenza, o in confezioni parzialmente rovinate, per cui non possono essere messi nel circuito della grande distribuzione, ma rappresentano una soluzione ottimale per tanti animali di famiglie povere”.

GADGET DI TOTTI, 1000 CD E LA CAGNETTA MASCOTTE

Tra le forme di finanziamento del “Fondo Sorriso”, un’asta di gadget (maglie e bandiere della Roma e riviste sportive) donati e autografati dal capitano della Roma, Francesco Totti, anche socio onorario dell’associazione 6zampe onlus ; 1000 Cd donati dal cantautore Luigi Montagna dal titolo “Sorrisi”, con 14 brani, uno dei quali riguarda la sua cagnetta Agata, mascotte dell’evento. Tutte le offerte, così come le prestazioni saranno rendicontate e rese pubbliche sul sito www.6zampe.it. “L’anello più debole della crisi economica è l’animale d’affezione – conclude Marzia Novelli – e non si può chiederete tutto alle Istituzioni : per questo confidiamo nella riscoperta del valore della solidarietà. Un euro, da solo, non serve a nulla, ripetuto mille volte può regalare un sorriso. La sfida è mettere in moto il motore trainante della solidarietà per i nostri amici a quattro zampe”. Intervenuto anche il veterinario Federico Coccia, consulente tecnico del Comune di Roma.

FONTE: www.romanotizie.it

Attenzione ai botti!

domenica 7 dicembre 2008

Alcuni consigli ai possessori di animali per superare indenni i botti di capodanno

Per i nostri amici animali sta per arrivare la notte più lunga e pericolosa dell’anno: la notte di San Silvestro. Il fortissimo rumore dei botti di mezzanotte può anche ucciderli.

Al cane che è in grado di udire frequenze superiori alle 80 mila vibrazioni al secondo e la cui sensibilità uditiva è altissima i botti causano un vero e proprio dolore, bisogna quindi riservargli molta attenzione. Innanzitutto, se possibile, evitiamo di lasciarlo solo organizzandoci in modo da trascorrere la serata di festa insieme ad amici che hanno il nostro stesso problema ma, se proprio è necessario uscire è opportuno assicurargli un ambiente riparato dal rumore degli scoppi, dove non ci siano finestre da cui possa lanciarsi nel vuoto o, se ci sono provvedere ad abbassare le tapparelle coprendo i vetri con più fogli di giornale per evitare che possa ferirsi in quei momenti di particolare stress. Un’altra accortezza da seguire è quella di eliminare dalla stanza mobili spigolosi e soprammobili, poi lasciamogli vicino qualcosa che ci appartiene. E’ bene anche infilargli dei batuffoli di cotone nelle orecchie per attutire il rumore esterno. Quando poi il cane viene portato in passeggiata, evitiamo di sguinzagliarlo poiché se un petardo scoppia nelle vicinanze, può fuggire in modo incontrollato con possibili serie conseguenze soprattutto nei pressi di strade trafficate.

I gradi di stress da paura sono diversi da animale ad animale: c’è chi si limita a tremare e lamentarsi, quello che corre a nascondersi, fino ad arrivare a casi drammatici di collasso con arresto cardiocircolatorio.

Per i casi più gravi si può ricorre alla somministrazione di sedativi che però va sempre concordata con il veterinario il quale, conoscendo il carattere dell’animale, può decidere il tipo di farmaco e le dosi giuste da usare. È invece pericolosissimo il fai da te farmacologico non soltanto perché si rischiano reazioni opposte all’effetto tranquillizzante, ma si possono avere gravi ripercussioni sulla sua salute.

Possiamo comunque aiutare i nostri piccoli amici con dei rimedi naturali come i fiori di Bach: Cerato, Aspen, Rock Rose in soluzione alcolica (30 ml 4 gocce 4 volte al dì) aumentando la frequenza delle somministrazioni se necessario o aggiungere Rescue Remedy (4 gocce al bisogno o più ) nell’arco della giornata soprattutto del 31 dicembre e, se i nostri piccoli amici non gradiscono le gocce alcoliche, queste possono essere diluite in un po’ d’acqua.

Per una notte, è opportuno ospitare in casa anche quegli animali che solitamente vivono in spazi aperti come giardino o balcone e mai lasciarli legati alla catena: potrebbero strangolarsi!

Nelle strade, per gli animali, la situazione è molto più pericolosa: nei ripari improvvisati in cui si rifugiano, vengono spaventati dai fortissimi scoppi e rischiano continuamente di essere colpiti dai petardi. Gli uccelli, terrorizzati dagli spari, perdono i loro punti di riferimento e iniziano a volare vorticosamente mentre luci e fuochi d’artificio li colpiscono senza sosta.

Un po’ di attenzione ma soprattutto di rispetto e amore verso chi ci riempie la vita col proprio affetto eviteranno che il 1° gennaio e i giorni successivi i centralini delle forze dell’ordine, canili, veterinari e associazioni animaliste, siano invasi da decine e decine di telefonate disperate di proprietari che cercano il loro cane.

Per finire ricordiamoci che cani e gatti spaventati dai fuochi possono, presi dal panico, compiere gesti inconsulti: gettarsi dalla finestra, tentare di sfondare porte a vetri, infilarsi sotto i mobili e tirarseli addosso e, se stanno per strada, correre all’impazzata rischiando di finire sotto un’auto o in qualche dirupo ma anche causare incidenti mortali per l’uomo!

A cura di Lina Bufarale

FONTE: www.zampette.it

Savona, cani e gatti avvelenati: la mappa delle zone a rischio

lunedì 1 dicembre 2008

Gli ultimi episodi si sono verificati di recente a Noli

30-11-2008

CLAUDIO VIMERCATI, SAVONA


Gli ultimi casi si sono registrati a Noli, nella colonia felina di via Fiumana: cinque gatti sono stati uccisi con un micidiale veleno. E non è la prima volta. Nell’ottobre di due anni fa, infatti, sempre nella stessa zona altri mici erano stati sterminati con il cloralio, un veleno per topi tossico anche per gatti e cani. «E’ una situazione grave» dicono gli zoofili dell’Enpa che si stanno ora occupando delle indagini per individuare il responsabile o i responsabili dell’avvelenamento e hanno lanciato un appello perchè chi è in grado di dare informazioni utili, si metta in contatto con la loro sede a Savona, anche solo telefonando al numero 019-827435 oppure inviando una mail all’indirizzo di posta elettronica savona@enpa.org.

Gli episodi accaduti di recente a Noli non sono però isolati. Lo dice una mappa sui casi di avvelenamento di animali che si sono verificati negli ultimi anni in tutta la provincia. Una mappa precisa, tracciata dai volontari dell’Enpa, dalla quale emerge che fra il 2001 e il 2008 sono morti centinaia, fra cani, gatti e piccioni, con veleni che variano dai diserbanti, all’endosulfan, dalla stricnina, al lumachicida, dal cloralio, al metaldeide. La maglia nera va a Savona. Sono ventidue i casi denunciati all’Enpa (con un bilancio di un centinaio di felini, otto cani, decine di piccioni e colombi uccisi) avvenuti nelle vie Valcada, Brichetti, Crocetta, Visca, Montenotte, Oxilia, Turati, Scotti, Romagnoli, piazzale Moroni, Rocca di Legino, Montemoro, San Bernardo in Valle. In Valbormida guida (per così dire) la classifica Cengio con dodici casi di avvelenamento, seguita da Cairo Montenotte ((otto), Carcare (cinque), Cosseria (due). Nel Ponente, si sono registrati cinque episodi a Finale, quattro a Noli e ad Albenga.

Osservano all’Enpa: «Abbiamo messo a disposisione dei proprietari di animali e degli animalisti che curano le colonie feline che si trovano in zone colpite da avvelenamenti un fascicolo di istruzioni per fronteggiare le situazione di emergenza, che si può scaricare anche dal sito internet dell’associazione (www.enpa.sv.it). Al sindaco di Noli abbiamo proposto l’emanazione di un’ordinanza restrittiva sull’uso delle sostanze velenose. Nei comuni, infatti, dove hanno seguito la nostra proposta il fenomeno, si è ridotto o è del tutto scomparso. E’ quello che ad esempio è successo ad Andora, Cairo Montenotte, Cosseria, Finale Ligure, Magliolo, Piana Crixia, Pietra Ligure, Plodio, Stella ed Urbe».

FONTE: La Zampa.it